Ambiente

440 miliardi di tonnellate di ghiaccio in meno per la Groenlandia

In questo agosto infuocato, uno dei posti più freddi della Terra continua a far parlare di sé. È la Groenlandia ovviamente, la più grande isola del pianeta, sede dell’unica calotta di ghiacci eterni al di fuori del continente antartico. E da qualche tempo, anche una nuova fonte di imbarazzo per l’amministrazione americana, in seguito alla proposta di Trump (subito rispedita al mittente dalla sua controparte danese) di acquistare l’isola, al conseguente battibecco e quindi alla cancellazione della visita del presidente americano in Danimarca prevista nelle prossime settimane. Ma non è tutto. In questi giorni dalla Groenlandia arriva un’altra (pessima) notizia: tra temperature record e scarse nevicate della scorsa stagione invernale, lo scioglimento della calotta glaciale dell’isola procede a ritmo sempre più spedito. Due episodi che, come vedremo, sono tutt’altro che scollegati.

Iniziamo dalla situazione dei ghiacci groenlandesi. A lanciare l’allarme in questo caso è un articolo dell’Associated Press, in cui il matematico e climatologo David Holland, dell’università di New York, racconta la situazione anomala di questo 2019. Il punto, ovviamente, è che fa caldo. Tanto caldo che Holland racconta di essersi trovato a lavorare senza giacca e guanti durante una mattinata di rilevazioni nei pressi di Kulusuk, un piccolo villaggio della Groenlandia dove il termometro negli scorsi giorni ha superato (evento abbastanza raro) i 10 gradi centigradi. Ancora più eloquente, probabilmente, la situazione nella Summit Station della U.S. National Science Foundation, un centro di ricerca posto a 3.200 metri di altitudine, dove le temperature non superano praticamente mai lo zero. Per quanto è possibile sapere, era capitato una volta nel 2012, per un totale di 6,5 ore, una nel 1889 e probabilmente un’altra nel medioevo. Nell’estate del 2019 invece è già capitato due volte, per un totale di 16,5 ore sopra lo zero.

Concentrandoci sulle conseguenze per i ghiacci, il momento peggiore è stato a cavallo tra il 31 luglio e il 3 agosto. In quei giorni – spiega l’esperto – l’ondata di caldo che ha colpito l’Europa continentale ha portato grandi masse di aria calda sull’isola, con risultati drammatici: in soli cinque giorni, 58 miliardi di tonnellate di ghiaccio si sono sciolte sulla superficie della calotta groenlandese. Una cifra che supera di 40 miliardi di tonnellate le medie stagionali, e che non tiene in considerazione i ghiacci sciolti al di sotto della superficie marina.

Colpa del cando, ovviamente, a cui però quest’anno si sommano gli effetti di una stagione invernale particolarmente avara di neve. In queste aree glaciali la neve fresca contribuisce infatti non solo a rimpolpare le riserve di ghiaccio, ma aiuta anche a proteggere la calotta dallo scioglimento, fornendo una superficie più chiara, che riflettere meglio il calore e rallenta quindi l’aumento delle temperature al si sopra del punto di scioglimento. Il risultato? Uno dei peggiori anni di sempre per la Groenlandia: secondo i calcoli degli scienziati per la fine dell’anno si saranno sciolte o staccate almeno 440 miliardi di tonnellate di ghiaccio dalla calotta dell’isola. Abbastanza da coprire l’intera superficie della Grecia con 35 centimetri di acqua.

La situazione della seconda riserva di ghiacci più ampia del pianeta, insomma, non è delle più rosee. Ma come si collega la situazione alle recenti sparate di Trump? È presto detto: con lo scioglimento sempre più veloce dei ghiacci l’Artico si sta trasformando in un luoghi più strategici del pianeta. E la Groenlandia è il punto di appoggio più vicino. Nei prossimi anni gli effetti del riscaldamento globale apriranno nuove rotte nell’oceano Artico, e l’area si trasformerà in qualcosa di simile a un novello canale di Suez: un centro nevralgico per i trasporti e i commerci tra Asia, Europa e continente Americano. Non a caso, la Cina ha iniziato da tempo ad interessarsi alla Groenlandia, proponendo lo scorso anno forti investimenti per costruire aeroporti e stabilimenti minerari sull’isola, nell’ambito di un progetto che qualcuno ha ribattezzato “la via della seta artica”.

Anche la Russia, ovviamente, guarda con interesse all’area, per il suo valore commerciale e militare. E non bisogna dimenticare che lo scioglimento dei ghiacci non farà che facilitare la nascita di nuovi impianti minerari (in Groenlandia sono presenti enormi giacimenti di terre rare, particolarmente importanti per gli Stati Uniti, visto che la guerra commerciale con la Cina sta mettendo a rischio gli approvvigionamenti) e soprattutto petroliferi: si stima che nell’artico si trovino circa il 13% di giacimenti di petrolio ancora inesplorati del pianeta.

Si può capire, insomma, quale interesse strategico rivesta l’isola per gli Stati Uniti. Ma nonostante questo, poche persone al mondo avrebbero immaginato di poter risolvere la questione come Trump, recapitando alla Danimarca una proposta di acquisto per la Groenlandia. Praticamente impossibile da accettare per mille motivi, non ultimo, come sottolineato dal premier danese Mette Frederiksen, il fatto che Groenlandia è sì parte del Regno di Danimarca, ma ha guadagnato da tempo ampissima autonomia: possiede un parlamento autonomo, un primo ministro, e dal 1982 non fa neanche più parte della Comunità Europea.

via Wired.it

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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