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Siria, come si rintraccia l’origine del sarin

Dopo giorni concitati in cui si è parlato di un possibile intervento militare in Siria, catalizzato dall’attacco del 21 agosto in cui sarebbero state impegnate armi chimiche, qualcosa sembra cambiare. Il G20, ormai concluso, avrebbe infatti aperto le porte a una possibile soluzione diplomatica della questione siriana, ha detto Barack Obama. Soluzione che comporterebbe, come suggerito dalla Russia, la consegna dell’arsenale chimico di Damasco alla comunità internazionale. 

Una proposta che, anche se non scongiura del tutto lo spettro di un attacco militare, è stata accolta positivamente anche dall’Iran e, soprattutto, considerata anche dal regime siriano. “Prendiamo in seria considerazione l’offerta del ministro Lavrov (Serjei Lavrov, ministro degli esteri russo, nda) e abbiamo quindi deciso di accogliere l’iniziativa russa”, ha commentato il ministro degli esteri siriano Walid al Muallim. “Per noi le vite dei nostri cittadini e la sicurezza del nostro Paese sono una priorità. E confidiamo nella saggezza delle autorità russe che stanno cercando di evitare un’aggressione americana contro il nostro popolo”. La Francia intanto ha dichiarato che presenterà alle Nazioni Unite un progetto di risoluzione per chiedere a Damasco di rendere pubblico il suo arsenale chimico. 

Nel frattempo si aspetta la relazione degli ispettori delle Nazioni Unite sui sopralluoghi effettuati per stabilire o meno l’uso delle armi chimiche, malgrado gli Usa si siano detti più volte certi del loro impiego. In particolare, si è parlato molto dell’impiego di sarin, un agente nervino difficile da rintracciare. Anche se, come racconta Technology Review, la ricerca ha fatto passi avanti per marcare non solo la presenza del sarin, ma anche per individuare e riconoscere ogni singolo campione di sarin

Alcuni ricercatori statunitensi infatti avrebbero messo a punto un metodo che permette di discriminare tra le diverse partite di sarin. A quanto pare, infatti, nei campioni sarebbero presenti delle piccole impurità (di idrocarburi) che variano da lotto a lotto. Questo significa che è possibile stabilire se due possibili attacchi abbiano avuto la stessa origine, e confermare la corrispondenza dei campioni detenuti da sospettati con quelli utilizzati in determinate occasioni, per esempio. Perché, come commenta Carlos Fraga della Pacific Northwest National Laboratory, tra i ricercatori che hanno messo a punto il metodo, “Una volta appurato che si tratta di sarin, la domanda successiva è da dove viene?”.

Nello specifico, non si sa con certezza da dove abbiano origine le impurità in questione. Potrebbero, spiegano i ricercatori, provenire dalle sostanze utilizzate per la sua produzione, oppure essere presenti semplicemente nell’aria al momento della produzione. Per identificare queste impurità, in ogni caso, il team di Fraga utilizza gascromatografia abbinata a spettrometria di massa: un metodo che permette prima di separare i vari costituenti di un campione, e quindi di identificarli, producendo risultati che sono caratteristici per ogni singolo campione, impurità comprese. In altre parole, una sorta di impronta. La tecnica può essere applicata non solo al sarin, ma anche ad altre sostanze chimiche. 

Via: Wired.it

Credits immagine: chrisjohnbeckett/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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