Sla, ecco cosa causa la morte dei neuroni

La Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), o malattia di Lou Gehrig, è una patologia che porta alla graduale paralisi e a morte prematura. E oggi sappiamo qualcosa di più sui meccanismi che ne sono alla base. Meccanismi che potrebbero esserci d’aiuto anche nella lotta alla malattia. I ricercatori dell’Università del North Carolina hanno infatti individuato per la prima volta alcuni aggregati di proteine altamente tossici per i neuroni motori, importanti per muoversi, parlare, deglutire e respirare. La ricerca, pubblicata su Pnas, ha evidenziato come questi aggregati, molto instabili e reattivi, avvelenano il sistema nervoso centrale portando alla progressiva paralisi.

Individuando esattamente l’aspetto e la struttura dell’aggregato proteico, lo studio costituisce così un passo cruciale verso lo sviluppo di farmaci mirati contro la Sla, e “getta luce sull’origine di altre malattie neurodegenerative associate dalla presenza anomala di grumi di proteine nel cervello, come l’Alzheimer”, ha spiegato Nikolay Dokholyan, della Unc. Lo studio ha esaminato la Sla in una piccola percentuale di casi, 1-2%, associata alla mutazione di una proteina chiamata Sod1, capace di formare nel cervello aggregati potenzialmente tossici. I ricercatori hanno scoperto però che questi grumi di proteine erano presenti anche nella maggior parte di pazienti che non presentavano quella mutazione genetica. La ricerca ha così evidenziato come l’aggregato tossico si formi dall’unione di tre proteine Sod1, incollate tra loro in un “trimero”: la loro tossicità, dovuta alla loro natura fortemente instabile e reattiva, ha dimostrato di essere in grado di uccidere i neuroni motori coltivati in laboratorio.

“Questo è un passo importante perché nessuno sapeva esattamente quali interazioni tossiche provocano la morte dei motoneuroni nei pazienti affetti da Sla”, ha spiegato l’autrice dello studio Elizabeth Proctor. “Conoscere l’aspetto di queste strutture ci permetterà di creare nuovi farmaci, per bloccarne l’azione o prevenirne la formazione”. Studi futuri approfondiranno la composizione del collante che tiene insieme le tre proteine, per trovare potenziali trattamenti che siano in grado di rompere l’aggregato, o di evitare la sua formazione, impedendo in questo modo la progressione della malattia. Inoltre, i risultati potrebbero far luce anche su altre malattie neurodegenerative, come Alzheimer e Parkinson. “Ci sono molte somiglianze tra le malattie neurodegenerative”, ha spiegato Dokholyan: “Quello che abbiamo trovato qui sembra confermare ciò che era già noto sull’Alzheimer, e se riusciamo a capire di più su ciò che accade, potremmo avere un quadro affidabile per comprendere le radici delle altre malattie neurodegenerative”.

Riferimenti: Università della North Carolina 

Credits immagine: Parthiv Haldipur/Flickr CC

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