Sole in pillole per combattere l’ipertensione?

In futuro l’ipertensione, una delle condizioni patologiche più diffuse nei paesi occidentali, potrebbe essere combattuta con i raggi solari. È quanto emerge dai risultati della ricerca condotta dalle Università di Edimburgo e Southampton, pubblicata sul Journal of Investigative Dermatology, che suggeriscono come l’esposizione al sole per 30 minuti potrebbe aiutare ad abbassare la pressione sanguigna. Tutto perché i raggi solari intervengono nel metabolismo del monossido di azoto, sostanza abbondante sulla pelle umana e coinvolta nella regolazione della pressione: “Quando ci si espone ai raggi del sole”, racconta Martin Feelisch, uno degli autori dello studio, “una piccola quantità di monossido di azoto si trasferisce dalla pelle al sistema circolatorio, abbassando il tono dei vasi sanguigni. Diminuendo la pressione diminuirebbe anche il rischio di infarti e ictus”.

Gli scienziati hanno condotto uno studio su 24 soggetti sani tra 21 e 23 anni (18 maschi e 6 femmine). La pelle dei volontari è stata esposta a luce ultravioletta (Uva) per mezzo di lampade, in due fasi distinte di 20 minuti ciascuna. In una gli individui sono stati esposti a Uva e al calore prodotto dalle lampade, nell’altra i raggi sono stati bloccati in modo che solo il calore raggiungesse la pelle. I risultati suggeriscono che l’esposizione alla luce Uva sia in grado di diminuire la pressione grazie all’interazione del monossido di azoto e dei suoi derivati presenti nella pelle. “Questo studio”, sottolineano i ricercatori, “dimostra che un’esposizione ai raggi delle lampade, equivalente a 30 minuti di sole a mezzogiorno dilata le arterie attraverso la pelle”.

Per adesso, comunque, precisano i ricercatori, i dati raccolti non sono ancora sufficienti a stabilire una correlazione tout court tra esposizione al sole e diminuzione della pressione. Anche perché lo studio è stato effettuato su soggetti sani, giovani e normotesi: “Se confermati in modo sistematico e su pazienti ipertesi”, concludono i ricercatori, “i dati potrebbero cambiare la valutazione del rapporto rischi/benefici legato all’esposizione ai raggi del sole”.

Riferimenti: Journal of Investigative Dermatology doi: 10.1038/jid.2014.27
Credits immagine: VinothChandar/Flickr 

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