Soluzioni concentrate

Apre oggi la quarta edizione di ZeroEmission Rome, fiera dedicata interamente alle fonti di energia rinnovabile, alla sostenibilità ambientale e alla lotta ai cambiamenti climatici, che proseguirà fino al 4 ottobre alla Fiera di Roma. La manifestazione segue la scia delle politiche europee per aumentare l’efficienza energetica e incentivare l’uso di fonti alternative. L’Unione Europea, infatti, stanzierà, tra il 2007 e il 2013, nove miliardi di euro (di cui quasi due miliardi destinati all’Italia), col fine di sviluppare 450 programmi operativi in questo campo. Al solare è garantito circa il 12 per cento del totale. In questa categoria non rientra esclusivamente il fotovoltaico, ma anche i meno conosciuti impianti a concentrazione.

Proprio a queste applicazioni è dedicato il primo Salone internazionale delle tecnologie per la produzione di impianti solari a concentrazione e termici (Concentrating Solar Power Expo – Solartech), sempre nell’ambito di Zeroemission Rome. La tecnologia a concentrazione, diversamente da quella fotovoltaica, non consente di generare direttamente energia elettrica, ma utilizza piuttosto specchi, di diverse tipologie e forme, per far convergere i raggi solari su un ricevitorre in cui è contenuto un fluido di lavoro. Grazie alle alte temperature raggiunte con la concentrazione, il fluido evapora e viene utilizzato per produrre elettricità (per esempio azionando una semplice turbina). Degli sviluppi di questa tecnologia e del ruolo che ricopre tra le fonti rinnovabili parliamo con Cesare Silvi, coordinatore del Gruppo per la storia dell’energia solare (Gses).

Ingegner Silvi, oggi a Roma inizia Zeroemission, grande evento interamente dedicato alle fonti di energia rinnovabile. Secondo lei le aziende private iniziano a ritenere queste applicazioni redditizie?

“In questo momento stiamo assistendo a una combinazione di fattori: da un lato esistono gli interessi economici, dall’altro le spinte che vengono dal mondo politico, affinché le energie rinnovabili come il solare, l’eolico, le biomasse e l’idrico, siano sostenute. Ma chiaramente i privati investono i propri soldi solo in quelle che ritengono delle buone idee. Negli Usa, per esempio, alle fonti alternative sono dedicati milioni di dollari in capitali di rischio. C’è la volontà di creare un nuovo mercato”.

Che tipo di ruolo ricopre il solare a concentrazione in questo mercato?

“Anzitutto si tratta di una tecnologia molto antica, basata sull’idea di concentrare la luce solare, che risale alla leggenda degli specchi di Archimede. Il suo punto di forza risiede nel basso costo: realizzare specchi a concentrazione conviene rispetto a costruire pannelli fotovoltaici basati sul silicio. Il loro prezzo, infatti, può arrivare anche a sette euro al metro quadrato. Secondo stime  statunitensi, il prezzo dell’energia sviluppata con i sistemi a concentrazione sarà comparabile a quella fornita dalle centrali nucleari e a carbone pulito. Le loro previsioni parlano di un costo di 10 centesimi di dollaro per ogni kWh nel 2010 e di 8 centesimi per il 2015. Inoltre, il vapore prodotto grazie al calore solare è ideale per usi industriali o per sistemi di raffreddamento”.

Ma sarà possibile affidarsi totalmente al solare a concentrazione?

“Per diverse ragioni credo che in futuro il solare sarà legato a una combinazione delle due tecnologie, fotovoltaico e a concentrazione. Gli impianti a concentrazione, infatti, necessitano principalmente dei raggi diretti del Sole. I progetti più impegnativi, di conseguenza, riguardano l’installazione di distese di specchi in regioni particolarmente assolate, per esempio i deserti e alcune aree californiane e spagnole. Questo può creare il problema del trasporto dell’energia, che deve essere inviata dal luogo di produzione a quello di consumo. Dobbiamo usare l’energia in loco, cercando le tecnologie più idonee all’ambiente in cui ci troviamo. E questo vale anche per l’Italia”.

Qual è, infatti, la situazione del solare a concentrazione nel nostro paese?

“Non buona quanto potrebbe. Basti pensare che la Germania sfrutta più dell’Italia la risorsa solare. Il problema è che nel nostro paese abbiamo le risorse, ma serve l’intelligenza per usarle con criterio. Il premio Nobel Carlo Rubbia, con il progetto Archimede, nato dalla collaborazione tra Enea ed Enel, nel 2000 ha avuto il grande merito di tornare a far parlare di questa tecnologia. Il solare a concentrazione, infatti, nacque nel nostro paese con Giovanni Francia, che, tra gli anni Sessanta e Settanta, rese Genova la capitale mondiale del solare con una prima centrale a concentrazione. Nonostante le nostre industrie non siano ancora pronte alla sfida, l’incentivo governativo nei confronti del solare vale anche per la tecnologia a concentrazione e potrebbe mettere in moto diverse iniziative”.

La Concentrating Solar Power Expo può essere quindi una buona occasione di visibilità per questa tecnologia?

“Con un centinaio di espositori internazionali e diverse conferenze sul tema del solare a concentrazione, l’Expo potrebbe stimolare le relazioni tra il mercato europeo e quello mondiale, grazie a collaborazioni di industrie italiane con partner che da tempo sviluppano centrali di questo tipo. Nel mondo, infatti, si investe molto su questa tecnologia: in California esistono centrali da centinaia di megawatt. In Europa, invece, sia la Spagna, la prima a puntare sul solare a concentrazione, sia la Germania, principalmente con progetti all’estero, continuano a investirci”.

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