Ambiente

Le spugne da cucina? Un covo di batteri

La spugna è l’alleato fedele per la pulizia delle superfici domestiche, e in particolare di quelle della cucina. Ma se questo piccolo oggetto fosse invece il vettore di microbi che potrebbero causare infezioni nell’essere umano?

Uno studio condotto dall’italiano Massimiliano Cardinale, ricercatore presso l’Istituto di Microbiologia applicata dell’Università tedesca di Giessen e pubblicato su Scientific Report ha dimostrato che le spugne possono contenere una concentrazione di batteri per centimetro cubo pari a 7 volte la popolazione mondiale. Una densità batterica simile è stata rinvenuta solo nelle feci.

Non è una novità che gli ambienti domestici costituiscono l’habitat ideale per la proliferazione di una grande quantità di batteri e funghi e in particolare la cucina ospita più microbi dei bagni. Con questo studio si è dimostrato che le spugne da cucina costituiscono incubatrici e mezzi di diffusione ideali di una grande varietà di specie microbiche, con una predominanza di patogeni opportunisti. Questi batteri possono arrivare all’essere umano attraverso il contatto con le mani e il cibo e potrebbero causare infezioni a seconda del loro potenziale patogeno e delle condizioni ambientali. Ma al di là dei titoli allarmanti che la notizia ha generato, cosa significano veramente questi risultati? Quali sono i rischi reali? Ne abbiamo parlato con Massimiliano Cardinale.

I risultati ottenuti nel vostro lavoro non sono rassicuranti, anzi. Ancora una volta si è dimostrato come l’ambiente domestico possa essere fonte di rischio per la salute umana.
“Effettivamente è così. Molte infezioni, tra cui quelle alimentari, hanno origine domestica, ma è molto difficile riuscire a isolarne la fonte. L’articolo è ormai diventato popolare in rete, anche con un certo allarmismo, come se le spugne fossero paragonabili alle feci in termini di presenza di batteri. Ma si tratta di un paragone che regge solo dal punto di vista della quantità, ovvero se consideriamo i livelli di concentrazione per centimetro cubo. In realtà nelle spugne non c’è lo stesso tipo di batteri che si trovano nelle feci, le comunità che si trovano in questi due ambienti sono completamente differenti. Nel nostro studio abbiamo ad esempio rilevato una scarsa presenza di specie appartenenti alla famiglia degli Enterobacteriaceae, batteri il cui habitat naturale è l’intestino. Non abbiamo riscontrato specie come E. coli e altri tipici batteri fecali e patogeni obbligati dell’uomo, la cui sola presenza cioè determina sempre la malattia, come maggiormente dominanti. Quelli dominanti sono altri”.

Cinque, tra le dieci specie dominanti rilevate dalla vostra indagine, sono associate a un grado di rischio 2. Cosa significa? Quali sono i potenziali rischi di queste specie per la salute umana?
“Queste specie sono della categoria patogeni opportunisti, cioè specie innocue per persone in salute, ma che possono rappresentare un rischio o aumentare il rischio di infezioni in persone con sistema immunitario già compromesso o con infezioni già in corso. È però difficile determinare quale sia la fonte di queste infezioni nell’ambiente domestico. Ad oggi non è stato dimostrato che l’origine di infezioni provocate da questi batteri sia la spugna”.

La vostra ricerca non ha evidenziato la presenza di specie patogene come Salmonella sp. o specie pericolose di Staphylococcus sp. e Streptococcus sp. rinvenute invece in studi precedenti sulle spugne. Come mai queste differenze tra i diversi studi? In che cosa si distingue la vostra ricerca?
“Studi precedenti si sono basati principalmente su tecniche di coltura, che consentono la moltiplicazione selettiva di specie di microrganismi di interesse clinico in condizioni di laboratorio controllate, ma che generano un errore enorme. Per esempio solo alcune specie presenti in ambiente possono essere coltivate in laboratorio e allo stesso tempo può esserci crescita di specie di batteri non attesi. In questi studi non sono state fatte indagini genetiche di sequenziamento per verificare quali specie effettivamente fossero presenti nelle spugne, così come abbiam fatto nel nostro studio. Ricordiamo che il nostro non è un approccio clinico, ma di tipo ecologico: sono state applicate per la prima volta tecniche di sequenziamento di DNA su campioni provenienti direttamente da 14 spugne, per determinare quali specie di microbi fossero effettivamente presenti, caratterizzando così il bioma totale. Abbiamo inoltre ricostruito immagini tridimensionali, per capire dove fossero maggiormente concentrate le specie batteriche. Siamo convinti che questi dati, ben rappresentati in un video, forniscano un contributo significativo per l’educazione all’igiene e alla consapevolezza che le spugne sono incubatrici microbiche igienicamente rilevanti. Le immagini ricavate hanno infatti mostrato la presenza di un biofilm, cioè di uno strato spesso di batteri che rimane adeso alla superficie della spugna e che a causa della sua consistenza densa fa sì che i metodi di pulizia non siano efficaci.”

A proposito di pulizia: i metodi più in voga per disinfettare le spugne, come la bollitura e la cottura in microonde, oltre a non ridurre significativamente la carica batterica potrebbero anche peggiorare la situazione. Qual è il vostro suggerimento per ridurre quindi il rischio di infezioni?
“Il miglior consiglio che possiamo dare per ridurre il rischio di infezioni è di cambiare frequentemente la spugna, almeno una volta alla settimana, senza aspettare che si deteriori con l’uso. Disinfettarla è inutile, nel giro di poco tempo si stabilisce la stessa quantità di batteri, con una concentrazione più alta di batteri resistenti che ri-colonizzano facilmente la superficie della spugna e che possono essere potenzialmente pericolosi.”

Qual è il messaggio più importante da trasmettere al pubblico?
“Il nostro studio ha dimostrato che le spugne costituiscono la riserva di batteri più densamente colonizzata nell’ambiente domestico e buona parte di questi batteri possono essere potenzialmente pericolosi e causare infezioni nell’essere umano, soprattutto in persone con il sistema immunitario compromesso. Bisogna quindi prestare attenzione in ambienti come ospedali, scuole e abitazioni dove sono presenti persone malate. Bisogna avere qualche accortezza anche nel maneggiare quotidianamente questo oggetto, evitando ad esempio di impugnarlo se si hanno ferite aperte sulle mani”.

Riferimenti: Scientific Reports

 

Alessandra Pedriali

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