Storia dell’industria chimica italiana

    Giuseppe Trinchieri
    Industrie chimiche in Italia dalle origini al 2000
    Arvan, 2001
    pp. 373, euro 20,00

    David Landes nel suo ormai celebre lavoro sulla prima rivoluzione industriale, Prometeo Liberato, descrivendo il ruolo svolto dall’industria chimica nello sviluppo economico dell’Ottocento, accenna alle difficoltà connesse allo studio di un’industria che spesso gli storici hanno posto quasi in secondo piano rispetto ad altre da cui sono stati maggiormente attratti. Ciò non perché sia stata la meno importante, anzi, ma secondo Landes essa è stata spesso trascurata nei testi sulla rivoluzione industriale proprio per la complessità e la dinamicità del suo sviluppo oltre che per le competenze tecniche che il suo studio richiede e che spesso lo storico non possiede. In effetti la storia dell’industria chimica, forse più di altre attività, mescola scienza ed economia tanto che non è possibile analizzare a fondo la società contemporanea senza tener conto dell’impatto straordinario che la chimica ha avuto a partire da un certo momento del XIX secolo. Prima in Inghilterra e poi nel resto del mondo industrializzato, la scienza chimica si è sposata con la produzione industriale. Il progresso scientifico, condizionando lo sviluppo industriale, si è a sua volta avvantaggiato degli sviluppi di quest’ultimo. La fabbricazione e il consumo di acido solforico, base delle principali lavorazioni chimiche, sono diventati un indice della crescita economica. I saponi, i coloranti e il vetro hanno contribuito al formarsi delle economie di scala permettendo un notevole incremento tecnico e civile che, anche per mezzo di enormi aberrazioni, ha profondamente modificato le nostre abitudini. Tuttavia, se nei maggiori paesi industrializzati si sono prodotti interessanti studi sull’argomento, per quanto riguarda il caso italiano la storiografia è rimasta povera e risente della difficile collocazione della storia dell’industria chimica nel quadro dei diversi filoni storici. Così mentre gli storici della scienza sono stati forse poco attenti alle implicazioni economiche e sociali che questo settore può avere, dal canto loro gli storici dell’economia pur avendo riscontrato – oltre a terra capitale e lavoro – nell’innovazione tecnologica e nel progresso scientifico gli elementi residuali dello sviluppo economico, non sono ancora in grado di definire con precisione il suo ruolo all’interno dell’evoluzione storica. Inoltre l’idea che prima della Grande Guerra non esistesse in Italia una industria chimica vera e propria ha contribuito a rendere ancora più oscura la crescita di questo settore nell’Italia dell’Ottocento. Interpretazione in parte vera ma che non tiene conto del processo di sviluppo di questa industria che è iniziato ben prima dell’unificazione italiana permettendo un accumulo di competenze che hanno poi contribuito all’espansione vera e propria del primo Novecento.Giuseppe Trinchieri non è uno storico e forse questo gli ha consentito di fare un poco di luce su quella zona d’ombra che è rappresentata dalla storia dell’industria chimica in Italia. Nato a Biella nel 1920 Trinchieri ha vissuto da chimico gli anni d’oro e il crollo della nostra industria chimica. Da spettatore–protagonista di quelle vicende ha tentato di ricostruire gli avvenimenti legati a quell’industria con una particolare attenzione all’evoluzione sia delle tecnologie che degli assetti societari. Attraverso le poche fonti archivistiche esistenti ma soprattutto grazie alla stampa periodica dell’epoca ha ricostruito le vicende delle prime pionieristiche fabbriche-laboratorio che nel Veneto, nel Piemonte e nella Lombardia iniziavano le loro produzioni industriali già dagli anni Trenta dell’Ottocento importando dall’estero i brevetti. Certo si tratta di piccole produzioni, inizialmente di sapone, candele steariche, superfosfati ma che diedero vita a quei gruppi industriali protagonisti dello sviluppo del secondo Dopoguerra. Tra queste la Fabbrica di Mira e le Stearinerie Lanza che più tardi avrebbero dato vita alla Miralanza, la Montecatini poi Montedison, le prime fabbriche di soda e tutte le Società che a partire dagli anni Ottanta iniziarono a produrre concimi chimici per l’agricoltura. Con la scelta di un percorso tematico teso a descrivere caso per caso le trasformazioni legate alle più importanti e diverse produzioni chimiche nazionali, Trinchieri segue lo sviluppo legato agli esplosivi durante la Prima Guerra Mondiale e la contemporanea espansione dell’elettrochimica, diventata nel Novecento essenziale alla produzione dell’acciaio. Descrive attraverso le dinamiche societarie la ristrutturazione industriale dovuta agli eccessi nella produzione bellica che colpì tutti i settori e che nel primo dopoguerra permise il sorgere dei grandi trust. Dal punto di vista scientifico e imprenditoriale tratta il periodo fortunato della rivoluzione legata alla plastica e ai tessuti sintetici nel periodo a cavallo tra gli anni Trenta e il secondo dopoguerra. Arrivando al periodo più recente racconta la nascita della petrolchimica, la sua ascesa e la sua caduta legata agli enormi interessi che le gravitavano intorno e alla mancanza di una forte imprenditoria privata in grado di resistere alla trasformazione industriale degli ultimi anni Settanta e alla più recente sensibilità ecologica. Pur non delineando un quadro storico preciso e le relative correlazioni tra questo settore industriale ed altri come ad esempio la siderurgia, cosa che forse non era nelle intenzioni dell’autore, il volume è comunque una fonte importante per tutte le informazioni che può dare sulla storia delle industrie chimiche italiane, soprattutto per tante che oggi non esistono più e che spesso, pur di grande importanza per le trasformazioni della nostra economia, della nostra società e del nostro ambiente, non hanno conservato una loro memoria.

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