Svegliarsi all’ora giusta è fondamentale per vincere

Atleti come Cristiano RonaldoUsain Bolt e Michael Phelps probabilmente si farebbero una risata leggendo che le proprie prestazioni sportive siano dovute, in buona parte, al proprio orologio biologico, eppure secondo una ricerca dell’Università di Birmingham sembra proprio che le cose stiano così.

Nel nostro organismo infatti, come in quello di altre forme di vita (dagli animali, alle piante, fino ai batteri), i processi fisiologici vengono svolti ogni giorno in un periodo di circa 24 ore chiamato “ritmo circadiano”, conosciuto dai più col nome di “orologio biologico”. Un orologio che, come documenta lo studio pubblicato dalla rivista Current Biology, non deve essere sottovalutato.

Roland Brandstaetter dell’Università di Birmingham e i suoi colleghi hanno dimostrato che la performance di un atleta varia in base al momento della giornata in cui viene eseguita e che nello sport – contrariamente a quanto sostenuto da altri studi che indicano la sera come più adatta all’attività sportiva – non esiste una fascia oraria privilegiata. Il motivo secondo i ricercatori dell’università inglese sarebbe dovuto ai diversi fenotipi circadiani osservabili negli atleti. Infatti ci sono i mattinieri, che si svegliano presto ogni giorno, i dormiglioni, che dormono fino a tardi, e gli intermedi, che si svegliano a orari intermedi tra quelli dei due fenotipi precedenti.

Per la loro ricerca gli scienziati hanno analizzato il fenotipo circadiano di 121 atleti, di età media intorno ai 22 anni e mezzo, selezionandone 20, tutti giocatori di hockey su prato intorno ai 20 anni e mezzo, che coprissero i tre fenotipi. Gli atleti scelti, durante lo studio, sono stati sottoposti al Bleep test (un test di resistenza utilizzato in ambito sportivo) in 6 momenti diversi della giornata. I risultati hanno dimostrato che le prestazioni dei tre fenotipi sono diverse a seconda del momento della giornata e del tempo passato dal risveglio: i mattinieri hanno dato il massimo intorno alle 13 (6/8 ore dal risveglio), gli intermedi tra le 14 e le 16 (6/8 ore dal risveglio), e i dormiglioni dalle 19 alle 22 (10/12 ore dal risveglio). Inoltre i ricercatori hanno osservato un divario del 26% circa tra la prestazione migliore e quella peggiore di ogni atleta.

“Se l’1% può fare la differenza tra il primo e il quarto posto in una gara di 100 m, facendoti vincere l’oro alle olimpiadi, allora immaginate cosa possa fare il 26%. La nostra ricerca – ricorda Brandstaetter – ci allontana dall’idea dell’orario della corsa, avvicinandoci a quello che è il nostro orario biologico”. Brandstaetter e colleghi hanno, infatti, dimostrato l’importanza del ritmo circadiano di ogni atleta, suggerendo una nuova strada per la preparazione delle attività sportive che punti all’allenamento dell’orologio biologico dell’atleta, dato che questi fenotipi circadiani – come molti di voi avranno provato in prima persona – possono variare nel tempo in base alle abitudini, e possono quindi essere allenabili.

Riferimenti: Current Biology Doi: 10.1016/j.cub.2014.12.036

Credits immagine: Australian Paralympic Committee/Australian Sports Commission via Wikimedia Commons

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