La natura delle misteriose macchie di Cerere

Cerere

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Cerere. Un pianeta nano dai mille misteri. Che lentamente, grazie al paziente lavoro degli scienziati, stanno iniziando a dissiparsi. È di pochi giorni fa, infatti, la pubblicazione di uno studio su Nature che chiarifica la natura delle misteriose “macchie” luminose osservate sul corpo celeste, in particolare sul fondo di alcuni crateri. Il lavoro porta la firma di Maria Cristina De Sanctis e colleghi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf): già lo scorso anno, la stessa équipe, in un altro lavoro sempre pubblicato su Nature, aveva discusso l’origine di Cerere – un altro dei misteri che avvolgono il pianeta nano – ipotizzando che questo si fosse formato ben oltre la fascia asteroidale. Abbiamo raggiunto De Sanctis per un punto della situazione. Ecco cosa ci ha raccontato.

Cominciamo dal lavoro più recente, quello relativo alle macchie luminose. Cosa avete scoperto?
Analizzando i dati dello strumento italiano Vir (spettrometro ad immagini) a bordo della sonda Dawn della Nasa, abbiamo ricavato la composizione della macchia bianca al centro di Occator, un cratere del pianeta nano Cerere. Sin dalle prime fasi di osservazione del pianeta nano, quando la risoluzione era ancora molto bassa, furono viste delle piccole zone molto più chiare del resto della superficie. Tra tutte, quella presente nel cratere Occator è la più grande e da sempre considerata la più enigmatica. Alla fine abbiamo scoperto che è composta prevalentemente di carbonato di sodio: sarà interessante ora capire se anche le macchie più piccole hanno una composizione analoga. Sicuramente la macchia bianca di Occator è la più ampia esposizione di carbonati dell’intero Sistema solare dopo la Terra. E il carbonato di sodio deve essersi formato necessariamente da una reazione chimica che richiede la presenza di acqua liquida, anche se si tratta di uno scenario non così semplice da interpretare. In realtà abbiamo le prove dell’esistenza di materiali che si formano in presenza di acqua liquida, ma non sappiamo quando è stata presente o se lo sia tuttora, né sappiamo se e come sia avvenuto il passaggio da ghiaccio ad acqua liquida. Forse l’impatto che ha formato il cratere ha innalzato le temperature localmente, oppure la causa è legata a un processo interno. 

Uno di questi riguarda la natura delle “macchie” luminose, zone molto chiare presenti in alcuni crateri. Un’altra delle questioni ancora aperte è legata all’origine del pianeta nano: attualmente orbita nella fascia degli asteroidi ma non è detto che si sia formato in quella posizione. A occuparsi della questione, tra gli altri, è stata un’équipe di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), coordinata da Maria Cristina De Sanctis: gli scienziati hanno pubblicato due studi sulle pagine di Nature (questo, risalente allo scorso anno, e questo, pubblicato pochi giorni fa) in cui discutono, rispettivamente, dell’origine del pianeta nano – ipotizzando che si sia formato ben oltre la fascia asteroidale – e della composizione chimica delle macchie luminose, suggerendo la presenza di acqua liquida nel passato recente di Cerere (da un punto di vista geologico, cioè decine di milioni di anni fa). Ne abbiamo discusso con la stessa De Sanctis.

Cosa avete scoperto, invece, sull’origine di Cerere?
A dicembre scorso abbiamo pubblicato un lavoro in cui abbiamo esaminato la composizione complessiva di Cerere. E abbiamo trovato una caratteristica del pianeta nano che non ci aspettavamo: la presenza di materiali contenenti ammoniaca, che ci ha fornito indizi sulla posizione di origine del pianeta nano. Attualmente Cerere si trova nella fascia degli asteroidi, ma la presenza di ammoniaca non si può spiegare con un origine in loco, in quanto è difficilmente compatibile con le temperature di formazione nella zona della fascia asteroidale. Abbiamo quindi ipotizzato che Cerere si sia formato in una zona più fredda, probabilmente nel Sistema solare esterno.

 

Quando è previsto il prossimo giro di osservazione e di analisi?
L’osservazione di Cerere è continua. Ma per analizzare i dati, e quindi per pubblicare i risultati, ci sono tempi tecnici più o meno lunghi, che vanno da qualche mese fino ad alcuni anni. In quanto parte del team della sonda Dawn abbiamo ancora molti dati da analizzare e sono in preparazione diversi paper che usciranno prossimamente e forniranno un quadro generale del corpo celeste. Al momento posso solo dire che Cerere si è dimostrato sostanzialmente diverso da quello che ci si aspettava. Ha delle caratteristiche che non erano così ovvie. Per esempio ha una percentuale di materiale solido, oltre al ghiaccio, tale da permettergli di mantenere una topografia, cioè colline e montagne.

Che cosa possiamo imparare da Cerere sulla Terra e sul Sistema solare?
Il pianeta nano si è originato molto presto, probabilmente 4.5 miliardi di anni fa o comunque molto prima della Terra. Rispetto al nostro pianeta, che è in continua evoluzione, oggetti come questo sono praticamente dei fossili dei processi iniziali e possono chiarire diversi aspetti della formazione del sistema solare, come la quantità di acqua che era a disposizione o il modo in cui i minerali iniziali si sono assemblati insieme. Ma Cerere può dirci anche molto sul nostro pianeta, per esempio fornendo indizi sul modo in cui sarebbe arrivata l’acqua dallo spazio. È un annoso dilemma che si tenta di risolvere appunto studiando questi oggetti antichi per dimostrare se sono stati loro, e in tal caso quali e quanti di loro, ad aver portato l’acqua sulla Terra.

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