Tara dei sette mari

Svelare la vita segreta degli oceani per capire come respira il pianeta. E’ questa la missione di Tara Oceans, una spedizione scientifica che coinvolge più di un centinaio di ricercatori da 50 laboratori di diversi paesi. I più avventurosi di loro si avvicenderanno a bordo di uno schoop (una sorta di goletta) che in tre anni farà il giro del mondo sondando tutti gli oceani per raccogliere dati fisici, chimici, biologici da mettere a disposizione della comunità scientifica mondiale che cerca di comprendere il funzionamento della macchina climatica.

Perché cercare nel mare la soluzione agli enigmi del clima? La risposta è presto detta: gli oceani sono il secondo polmone della Terra. E’ lì che finisce metà dell’anidride carbonica immessa nell’atmosfera ed è lì che si produce metà dell’ossigeno che respiriamo. Al lavoro, con la fotosintesi e altri processi biochimici, miliardi di organismi microscopici: virus, batteri e una sterminata varietà di esseri unicellulari genericamente raccolti sotto il nome di protisti ancora in gran parte sconosciuti alla scienza. Tara Oceans vuole colmare questa lacuna. Gli esperimenti in programma spaziano dall’oceanografia alla genomica, dalla bioinformatica all’imaging ma hanno tutti come protagonista il plancton e la sua capacità di adattamento ai cambiamenti fisico-chimici dell’ambiente marino.

Se si pensa che gli oceani ricoprono due terzi della superficie del pianeta e che un millilitro di acqua di mare contiene mediamente un milione di batteri e dieci volte tanto di virus, si comprende l’eccitazione dei biologi impegnati nell’impresa, dalla quale ci si attende la scoperta di migliaia di nuove specie marine. La barca a vela, reduce da una spedizione polare sulle orme di Nansen, ha subito un profondo restyling per adeguarsi alla navigazione in climi caldi e alle esigenze della ricerca oceanografica. Ora dispone di apparecchiature avanzate per il campionamento e l’acquisizione di dati che gli consentiranno di sfruttare al meglio le otto ore di sosta previste dal programma ogni 16 di navigazione. In tutto circa 300 stazioni di rilevamento lungo una rotta di 150.000 chilometri che in tre anni attraverserà tutti gli oceani.

Una volta stabilito il punto del rilevamento, sulla scorta di indicazioni satellitari, entrerà in campo il CTD (conductivity-temperature – depth profiler), lo strumento chiave di tutta la missione. Un gioiello tecnologico che combina insieme una telecamera volumetrica, vari sensori fisico-chimici e un sistema per la raccolta automatica di campioni di acqua marina a diverse profondità. “Registrando dati e catturando immagini fino a 2.000 metri di profondità, il CTD ci permetterà di studiare da vicino la struttura fisica, chimica e biologica di una colonna d’acqua e le relazioni di interdipendenza tra i diversi organismi planctonici”, spiega senza nascondere l’entusiasmo Gaby Gorsky, ricercatore del Cnrs e responsabile dello strumento. Un sofisticato sistema di imaging consentirà l’elaborazione dei dati non appena issata a bordo la sonda. Nel frattempo, altri ricercatori lavoreranno alacremente alla preparazione dei campioni, filtrandoli e selezionandoli secondo le diverse esigenze di ricerca. Un lavoro delicato e da svolgere in fretta: se non opportunamente trattato, in poche ore il plancton si degrada e non è più utilizzabile. Impacchettati ed etichettati, i reperti saranno tenuti in frigorifero e spediti ogni sette giorni ai laboratori sulla terra ferma per essere studiati.

A questa seconda parte dell’impresa, oltre agli stessi promotori della spedizione, il CNRS e l’EMBL, collaboreranno una cinquantina tra centri di ricerca e università di tutto il mondo. A coordinare gli studi sulla barriera corallina sarà, per esempio, l’italiana Francesca Benzoni di Milano-Bicocca mentre quelli sul Dna extracellulare sono affidati ad Antonio dell’Anno dell’Università di Ancona. Supporto per il sequenziamento e la bioinformatica anche dalla Stazione Zoologica Anton Dohorn di Napoli, che sarà anche padrona di casa nell’unica tappa italiana di Tara.

Partito lo scorso settembre dal porto francese di Lorient, sull’Atlantico, da qualche settimana lo schoop incrocia in acque mediterranee. Dopo Tangeri, Algeri, Barcellona, Nizza e Tunisi la prossima settimana sarà nella città partenopea per incontrare giornalisti e scolaresche. L’altra grande missione di Tara Oceans è infatti quella di far comprendere al grande pubblico l’importanza cruciale degli ecosistemi marini per la salute e il futuro del pianeta.

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