Tutto su mio padre, malato di Alzheimer

Arno Geiger
Il vecchio re nel suo esilio
Bompiani 2012, pp. 168, euro 16,00

Ordina su Ibs

“Non si può andare a casa quando si è già a casa”.Questione di memoria – Racconto sull’Alzheimer

”Papà ma tu sai chi sono?”. “Come se fosse così interessante”. Arno Geiger è alle prese con un padre, August, che fatica a riconoscerlo. Con Il vecchio re nel suo esilio lo scrittore austriaco ci accompagna negli anni della sua vita trascorsi accanto a un uomo in lotta con il nuovo male del secolo: il morbo di Alzheimer. Senza sentimentalismi, Geiger ripercorre i vari stadi della malattia di suo padre: dalla prima, lenta, a volte anche comica, fase di insicurezza, di piccole dimenticanze e disorientamento fino allo smarrimento, all’aggressività e alle allucinazioni vere e proprie. ”E’ come essere strappati dal sonno, non si sa dove si è, le cose girano intorno, paesi, anni, persone. Si cerca di orientarsi, ma non ci si riesce”.

Il libro è un susseguirsi di piccoli episodi quotidiani fatti di gesti semplici come il vestirsi e il mangiare che diventano prodezze. “Non so cosa devo farci con il pane”. “Devi soltanto mangiarlo papà”. “Se solo sapessi come si fa”.

L’Alzheimer tiene August in esilio: ogni giorno è più sgomento e irrequieto, ripete parole all’infinito, e, anche seduto nella sua poltrona, è alla continua ricerca della sua casa. Suo figlio allora appende un cartello sulla porta con scritto “August” ma neanche questo convince l’uomo: lui vuole un posto in cui la malattia possa lasciarlo in pace, un posto in cui gli altri parlino la sua lingua.

La percezione del cambiamento diventa sempre più flebile e mentre all’inizio August trova un pretesto per spiegare come mai ha infilato le calze nel frigorifero e non trova più la bicicletta, con il passare dei giorni si arrende sempre più a questo mondo onirico in cui è intrappolato e si lascia attaccare con l’espressione di “un cavallo che sta immobile nel bel mezzo di un temporale”.

L’aspetto comico e liberatorio degli esordi del male lascia il posto alla disperazione e all’inquietudine. L’ultimo sorriso amaro che il padre strappa al figlio è quando si fa trovare in bagno, con due asciugamani bellicosamente legati intorno al collo, in una mano lo spazzolone da doccia rivolto verso l’alto e nell’altra un tagliaunghie con la lama sguainata, come un re con scettro e spada ma con l’impronta della demenza sul viso.

Il paesaggio sullo sfondo è quello del lago di Costanza e della campagna austriaca al confine con la Svizzera e la Germania in cui i contadini un tempo distillavano acquavite e ora gestiscono agriturismi.

Questo libro non è solo la storia di una malattia, è anche la storia di un rapporto padre-figlio che cresce e che si consolida, soprattutto grazie ad August, incapace, quando era in salute, di esprimere i propri sentimenti e che ora, indifeso, dispensa ”carezze con il dorso della mano”. Geiger sfata l’opinione diffusa per cui l’Alzheimer tronchi i rapporti umani, ci insegna che una malattia può anche arricchire, addirittura rinforzare i legami familiari, spesso “contorti come cavatappi”.

E rifiuta l’abituale analogia che si fa tra dementi e bambini, perché questi ultimi acquisiscono ogni giorno capacità, i malati di demenza le perdono attimo dopo attimo. Geiger trova il modo di entrare nell’unico luogo in cui valga ancora la pena incontrarsi: il mondo di allucinazioni e di finzioni del padre. Impara che dare a un demente delle risposte oggettivamente corrette è un’inutile imposizione di un mondo non suo. Ecco perché finge di essere Paul, il fratello di suo padre, senza tentare di spiegare, “Pur sempre uno della famiglia” si consola.

Ma l’Alzheimer è anche simbolo della condizione della società odierna in cui bisogna avere un numero infinito di attitudini per padroneggiare la vita di tutti i giorni e in cui “la visione di insieme è andata perduta, il sapere disponibile non è più di facile comprensione, le continue innovazioni generano problemi di orientamento e angosce per il futuro”. La malattia che isola dal mondo diventa metafora di una società senza più storia e identità. La vita di August è sintomatica di questa evoluzione: cominciata in un’epoca in cui c’erano dei punti fermi (la famiglia, la religione, i ruoli dei sessi, la patria) finisce nella malattia quando la società occidentale è ormai “tra le rovine di quei baluardi”.

Tra le pagine del racconto, insieme ad Arno ed August si muove la numerosa famiglia di Geiger, i tre fratelli, gli zii, la madre, ognuno con un modo diverso di affrontare la malattia: c’è chi scappa, chi osserva da lontano, chi si avvicina e poi rimuove tutto appena fuori casa e chi scrive un romanzo per non dimenticare. Appunto.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here