Un archivio in fondo al mare

Quest’estate una nave speciale ha attraversato il Mediterraneo. L’equipaggio: un team di geologi di tutta Europa. L’obiettivo: raccogliere campioni del fondo marino che possono dare informazioni preziose, in particolare su come cambia il clima e il livello del mare. La nave Baverit è salpata da Brindisi il 24 giugno scorso ed è arrivata a Barcellona il 22 luglio. Una crociera che costituisce la prima parte del progetto europeo Promess1(Profile across mediterranean sedimentary systems, Part 1). Nel cammino, il vascello ha fatto quattro soste, in due punti dell’area dell’Adriatico, e in due dell’area del Golfo del Leone. Qui, utilizzando una tecnica di perforazione presa in prestito dall’industria estrattiva, ha raccolto delle “carote” della piattaforma continentale. Ovvero delle sezioni cilindriche degli strati che formano la zona del fondale marino più vicina alle coste. È la prima volta che si prova con successo una operazione del genere: i campioni arrivano alle dimensioni di 300 metri e contengono strati antichi fino a 500.000 anni. “La piattaforma continentale può dare informazioni originali”, spiega Antonio Cattaneo, dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr, fra i ricercatori imbarcati. “Infatti, è la zona più vicina a dove si formano i sedimenti, per esempio grazie all’azione dei fiumi”. Quindi, nelle carote raccolte, si possono leggere molti più dettagli che in campioni raccolti più a largo. Ma come è possibile arrivare a delle conclusioni sul cambiamento del clima a partire dall’analisi di una sezione del fondo marino? “Il passaggio è fatto attraverso i cosiddetti ‘proxies’”, prosegue Cattaneo, “ovvero indicatori indiretti di parametri climatici o ambientali. Per esempio la presenza di certi tipi di organismi preservati nel sedimento, che vivono solo in condizioni climatiche particolari”. L’analisi dei proxies, insieme a verifiche più complesse porterà alla ricostruzione dei cambiamenti climatici e del livello del mare in Europa negli ultimi 500.000 anni. E non solo: sarà anche possibile ricostruire le frane che hanno interessato il fondo marino e l’effetto di grandi eventi come terremoti o tsunami sulla formazione degli strati. Temi d’interesse non solo scientifico. Da una parte, il cambiamento climatico è un tema politico di grande rilevanza. Dall’altra, l’industria estrattiva potrebbe ricavare informazioni sulla presenza di giacimenti d’idrocarburi. Infine, le imprese e istituzioni incaricate di depositare e gestire cavi e oleodotti sottomarini, potrebbero acquisire conoscenze nuove sui movimenti del fondale. Il carotaggio di margini continentali era stato fino a ora trascurato, sia perché le navi più attrezzate erano pensate per fondali più profondi, sia perché le tecniche erano meno efficaci. Il progetto Promess1, invece, ha preso “in prestito” una nave industriale Russa, attrezzata con un carotiere a perforazione. Questo ha permesso una performance di gran lunga superiore ai tentativi precedenti. La fase di studio è già iniziata a bordo, con la creazione di una base di dati e delle analisi in tempo reale. Ciò ha permesso di migliorare “in corso d’opera” le operazioni di carotaggio e di fare le prime discussioni scientifiche. “L’esperienza umana è stata assolutamente positiva”, prosegue Cattaneo. La missione era in preparazione da un anno e alcuni dei ricercatori avevano già avuto tempo d’interagire. “C’è stato un clima di grande collaborazione con i tecnici, gli unici a saper fare certe operazioni e l’equipaggio, che si curava che la nave rimanesse completamente ferma durante le perforazioni”. Ora, nei laboratori del progetto, in Francia, Spagna, Italia, Olanda, Regno Unito e Germania, sipassa alla fase di analisi. Ma nell’attesa dei primi risultati di questo progetto, l’Unione Europea non vuole restare con le mani in mano. La missione Acex è già in viaggio per il Mare Artico. E si programma un contributo europeo originale al Programma internazionale di perforazione oceanica: l’uso di navi, piattaforme di perforazione o altri mezzi da adattare a esigenze specifiche di perforazione in siti non adatti alle grandi navi da perforazione scientifica.

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