Un farmaco anticancro contro l’Alzheimer

Invertire i deficit cognitivi, comportamentali e di memoria dei pazienti colpiti da Alzheimer. È l’obiettivo di tutti i ricercatori e i medici che si occupano di questa malattia. E che ora potrebbe essere più vicino grazie a un farmaco inizialmente pensato per combattere il cancro. Si chiama bexarotene, è stato approvato una decina di anni fa dall’agenzia statunitense per la sicurezza alimentare e dei farmaci (Fda), e ora sembra favorire l’eliminazione delle placche amiloidi nei topi. La scoperta, opera di un team di ricercatori della Case Western Reserve University School of Medicine (Cleveland, Ohio) ha meritato le pagine di Science

La storia comincia qualche anno fa quando, nel 2008, Gary Landreth, allora dottorando e oggi docente di neuroscienze presso l’università statunitense, scoprì che il principale trasportatore del colesterolo nel cervello, l’Apolipoproteina E (Apo E) facilitava l’eliminazione delle proteine beta amiloidi. Da allora il ricercatore ha cercato di individuare un modo per migliorare l’espressione di questa proteina. Ora Landreth e il suo gruppo di ricerca lo hanno trovato, almeno nei topi. Infatti, in questi animali, secondo quanto riportato nello studio, il bexarotene stimola i recettori retionoidi X che controllano quanta Apo E viene prodotta. L’aumento di questa proteina nel cervello, a sua volta, velocizza l’eliminazione delle betamiloidi. 

È stata proprio la rapidità a sorprendere i ricercatori: a sei ore dalla somministrazione del farmaco, i livelli delle forme solubili di amiloidi (ritenute responsabili del deficit di memoria in umani e animali colpiti dalla malattia) erano diminuiti del 25 per cento, e l’effetto è durato per tre giorni. Inoltre i ricercatori hanno riscontrato un netto miglioramento di un ampio gruppo di comportamenti in tre diversi modelli animali di Alzheimer, per esempio quello che coinvolge l’istinto dei topi a costruirsi una tana. 

Prima del trattamento, quando un animale malato incontrava materiale utile per fare la tana, in questo caso fazzoletti di carta, non mostrava alcuna reazione, come se avesse perso la capacità di associare i fazzoletti con la possibilità di crearsi un rifugio. Ma ad appena 72 ore dalla somministrazione del farmaco, i topi cominciavano a usare la carta per costruirsi un riparo. Inoltre, anche la loro capacità di sentire e rispondere agli odori era notevolmente aumentata. “Uno dei problemi principali dell’Alzheimer è la sua capacità di compromettere un grande numero di funzioni, anche se tutti si concentrano solo su memoria  apprendimento. I risultati di questo studio, mostrando la conservazione di un vasto spettro di comportamenti, sono quindi tremendamente eccitanti”, spiega Daniel Wesso, coautore dello studio e assistente alla cattedra di neuroscienze della Case Western Reserve. 

Oltre ai livelli delle forme solubili, il farmaco sembra riuscire a intaccare anche i depositi di amiloidi, quelli che vanno a formare le placche tipiche della malattia. I ricercatori hanno scoperto che, sempre dopo 72 ore,  più della metà delle placche venivano eliminate e che la riduzione totale raggiungeva il 75 per cento. Questa molecola infatti sembra riprogrammare le cellule immunitarie del cervello a  mangiare i depositi di amiloidi. “Finora il migliore trattamento possibile per l’Alzheimer nei topi impiegava mesi a ridurre le placche presenti nel cervello”, ricorda Paige Cramer, prima firma dello studio. 

Emozionato ma con i piedi per terra è invece Landreth: “Il farmaco per quanto ne sappiamo ora lavora abbastanza bene nei modelli murini della malattia”, precisa. “Il nostro prossimo obiettivo è capire se funziona in maniera simile anche in pazienti umani. Siamo solo al primo stadio di trasformazione per poter fare di questa ricerca di base un vero trattamento”. A velocizzare questo processo potrebbe contribuire il buon profilo dal punto di vista della sicurezza e degli effetti collaterali del bexarotene. 
via wired.it 

Credit immagine : Destinys Agent/Flickr

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