Un modello per difendersi dalle ceneri vulcaniche

Aprile 2010: il vulcano islandese Eyjafjallajökull sparge nei cieli di mezza Europa un denso pennacchio di ceneri, bloccando agli aeroporti centinaia di passeggeri per giorni. Ora, dopo due anni di elaborazioni sui dati atmosferici raccolti durante l’evento, alcuni scienziati spagnoli hanno convalidato un modello digitale sulla dispersione del particolato vulcanico. Uno strumento importante per conoscere in anticipo quali saranno le zone aeree più colpite durante le grandi eruzioni.

I prodotti cineritici di Eyjafjallajökull hanno raggiunto la penisola iberica nel maggio 2010. Ospitando i nodi di alcune importanti reti di monitoraggio atmosferico, la Spagna e il Portogallo hanno condotto una grande campagna di scansione della nube vulcanica, i cui risultati sono oggi pubblicati in una serie di articoli su Atmospheric Environments.

Lo Spanish Research Centre for Energy, Environment and Technology (Ciemat) ha usato il sistema Lidar (Light Detection and Ranging) per identificare il transito delle ceneri sopra Madrid. Questa tecnologia sfrutta un fascio laser proiettato verso il cielo che può interagire con le particelle in sospensione. Lo spettro riflesso fornisce quindi informazioni sulle loro proprietà chimiche e fisiche.

La rete Aerosol Robotic Network (Aeronet) della Nasa – con stazioni a Granada e Evora – può contare su fotometri solari automatici, strumenti che, puntati verso il Sole, sono in grado di valutare nel tempo lo spessore del cappello di aerosol e la distribuzione dimensionale del particolato. Combinando queste informazioni con quelle di Lidar, si è potuta stimare l’altezza a cui “galleggiava” la nube di ceneri: fra i tre e i sei chilometri.

Un ulteriore contributo arriva dall’Agenzia Meteorologica Nazionale spagnola, che nel 2010 ha registrato l’aumento di solfati e diossido di zolfo sopra la penisola, firma inconfondibile dell’attività vulcanica di Eyjafjallajökull.

Tutti questi dati sono confluiti al Barcelona Supercomputing Center (BSC-CNS) per verificare un nuovo modello digitale di dispersione chiamato Fall3d. Il confronto ha mostrato buone corrispondenze, come spiega Arnau Folch, uno degli autori dello studio: “Il modello può essere applicato alla dispersione di ogni tipo di particella, ma si adatta particolarmente bene alla cenere vulcanica. Può essere usato per ricostruire eventi passati ma, soprattutto, per fare previsioni sulla concentrazione di aerosol dopo un’eruzione. È indubbiamente di grande interesse per l’aviazione civile”.

Riferimento: Atmospheric Environment 48: 22-32/46-55/165-183, March 2012; Atmospheric Chemistry and Physics 12: 3115-3130, 2012. DOI:10.5194/acp-12-3115-2012 

Credit per l’immagine: FLEXPART/NILU.

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