Un vaccino anti-rigetto

Trapianti d’organo da maiali transgenici e cuori artificiali destinati a diventare sostituti permanenti di quelli umani. Nei prossimi anni la trapiantologia cambierà radicalmente volto, nel tentativo di rispondere con valide alternative – almeno in parte – alla mancanza cronica di donazioni di organi umani. Un problema che riguarda, indipendentemente dalle leggi o restrizioni in vigore, tutti i paesi del mondo. Secondo l’United Network for Organ Sharing negli Stati Uniti ci sono più di 60 mila pazienti in lista d’attesa, per la Società Europea per i Trapianti d’Organo stanno aspettando un organo nuovo 48 mila europei. In Italia, nel 1996, 7 mila persone erano in attesa di un rene, 550 di un cuore, 350 di un fegato, 100 di un pancreas.

Il problema del rigetto

A questa difficile situazione si aggiunge l’ostacolo dell’alta frequenza del rigetto dell’organo ricevuto: in assoluto la maggior frustrazione per chi esegue i trapianti e il più grande timore per i pazienti. Tant’è. Attualmente il gruppo più numeroso di pazienti in attesa di trapianto è costituito da persone già sottoposte a un trapianto e poi fallito. Cosa offre la scienza, oggi, a queste persone? A questa domanda hanno cercato di rispondere gli esperti convocati la scorsa settimana a Montreal, in Canada, in occasione del XVII Congresso Mondiale della Società dei Trapianti.

Il rigetto d’organo si verifica perché il sistema immunitario dell’uomo non riconosce come proprio l’organo proveniente dalla donazione. Il sistema immunitario passa costantemente in rassegna ad una ad una le cellule presenti nell’organismo e si sforza di separare le cellule che riconosce proprie dell’organismo, dette “self”, da quelle estranee, dette “non-self”. Su queste ultime imprime “un’etichetta” che le destina ad essere distrutte.

Contromisure insufficienti

A oggi, l’unico modo per prevenire il rigetto d’organi estranei è l’uso di farmaci immunosoppressori che riducono la normale risposta immunitaria contro le cellule “non-self”. I trattamenti di uso comune comprendono la somministrazione di varie combinazioni di farmaci che devono essere assunti ogni giorno per tutta la vita del paziente. Lo schema terapeutico comprende la ciclosporina o il tacrolimo, l’azatioprina o il micofenolato mofetile e i corticosteroidi. “Ma queste sostanze possono provocare danni al sistema renale, al sistema nervoso periferico e aumenti della pressione ematica, con enormi disagi per la qualità della vita del paziente e con pericolo della sua stessa vita”, è stato ricordato a Montreal.

“Sebbene siano stati fatti molti progressi nel rendere i trapianti procedimenti di routine e nel conseguire trattamenti efficaci delle malattie renali, dell’insufficienza epatica e dell’insufficienza cardiaca, i pazienti spesso devono sopportare il peso di difficili e spesso serie complicazioni correlate alle terapie antirigetto esistenti”, ha detto Barry D. Kahan, ricercatore capo dell’Health Science Center della University of Texas di Houston.

Favorire la tolleranza

Le case farmaceutiche stanno cercando di ridurre al massimo i pesanti inconvenienti. Un esempio è costituito dalla realizzazione di nuovo farmaco (costituito da sirolimus e rapamicina) che agisce bloccando la proliferazione delle cellule T, componenti della risposta immunitaria. In uno studio clinico presentato a Montreal e condotto in 40 centri statunitensi, su 700 trapiantati di rene si è osservato il rigetto nel 2 per cento dei pazienti trattati contro il 6 per cento di pazienti del gruppo di controllo che ha subito la perdita dell’innesto. Ma molte altre sono le soluzioni che si stanno cercando per superare quello che è considerato il principale ostacolo ai successi della trapiantologia. “Il rigetto sarà sempre meno un problema”, afferma fiducioso Raffaello Cortesini, direttore del Centro Trapianti d’Organo dell’Università la Sapienza di Roma. “Si stanno sempre più sviluppando nuove metodiche di induzione della tolleranza fondate sul blocco a livello molecolare dei meccanismi del rigetto. Nel nostro Centro in collaborazione con altri laboratori di ricerca internazionale si sta mettendo a punto, per esempio, un vero e proprio vaccino “Dna-ricombinante anti-rigetto”.

Xenotrapianti e il futuro delle terapie

Nei prossimi anni si passerà dal trapianto di organi a quello di cellule fino ad arrivare al trapianto di geni, che inseriti nel corredo genico di specifiche cellule le renderanno capaci di attività antineoplastica, antivirale o anti-rigetto. “I trapianti diventeranno una vera e propria biotecnologia di ampio respiro e molteplici applicazioni”, sostiene ancora Cortesini. “L’ultimo scenario è costituito dal trapianto di organi da animali geneticamente modificati per renderli più compatibili con il sistema immunitario dell’uomo. Gli animali transgenici di cui il nostro Centro è un tenace assertore e a cui dedica grande impegno organizzativo e di ricerca sono certo una prospettiva ancora lontana, ma di enorme interesse. Con l’aiuto di tutti, sono convinto, potremo fare molto di più”.

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