Una Corte punirà i colpevoli

I responsabili di un disastro ambientale commettono un crimine contro l’umanità. E quindi devono essere giudicati da una Corte Penale Internazionale dell’Ambiente. Questa, la proposta contenuta nella Carta di Venezia, un documento presentato nella città lagunare il 23-24 novembre scorso dall’Accademia Internazionale di Scienze Ambientali (Iaes). “L’esigenza di un organismo del genere nasce dalla triste constatazione che la tutela internazionale dell’ambiente è del tutto inefficace”, spiega Antonino Abrami, presidente vicario della Iaes, “e la maggior parte dei crimini rimane impunita”.

A conferma di quanto dice Abrami, basta ricordare gli esiti del “caso Bhopal”, la città indiana invasa nel 1984 da una nube tossica generata da materiale in dismissione di una fabbrica americana. L’incidente causò tremila morti nell’immediato, a cui se ne aggiunsero quindicimila per gli effetti dell’intossicazione nel periodo successivo. I venti anni di vicende giudiziarie intercorse tra Usa e India hanno dato questi risultati: Warren Anderson, l’amministratore delegato della Union Carbide, la fabbrica all’origine del disastro, è tuttora latitante; i fondi per risarcimenti e bonifiche versati all’epoca dei fatti erano inadeguati e non sono mai stati aggiornati; la bonifica e l’eliminazione delle sostanze tossiche è ancora una questione aperta tanto che le risorse idriche e il terreno delle zone colpite risultano ancora inquinati.

La storia si è ripetuta con modalità simili e con gli stessi esiti in altri noti casi, da Chernobyl all’impiego edilizio dell’amianto, alla deforestazione dell’Amazzonia, ai danni sulla salute umana e sull’ambiente provocati dalle industrie cartacee in Uruguay, alla pioggia di pesticida a base di glifosato sulle piantagioni di coca e sulla foresta pluviale in Colombia, usata come strategia per combattere il narcotraffico.

“Per affrontare casi come questi, le cui conseguenze si trascinano per anni, coinvolgendo più di una nazione e compromettendo in modo irreversibile le risorse ambientali del pianeta, abbiamo bisogno di strumenti giuridici in grado di avere successo lì dove le varie Corti e Tribunali nazionali hanno fallito”, dice Abrami. Come realizzare un istituto del genere? “La creazione di una Corte Internazionale dell’Ambiente deve avvenire attraverso la revisione dello statuto istitutivo della Corte Penale Internazionale”, spiega l’avocato Daniele Grasso consigliere del Commissario europeo alla Giustizia, Franco Frattini, “cioè attraverso la proposizione di emendamenti allo statuto che contengano nuove figure di reato da inserire nella categoria dei crimini contro l’umanità”.

L’articolo 7 dello Statuto di Roma, firmato nel 1998 e che stabilisce i reati di competenza della Corte Penale Internazionale, dà una definizione di crimini contro l’umanità che permette ampi margini di manovra nella direzione indicata da Grasso. Dal testo si evince infatti che il crimine contro l’umanità può essere considerato anche un attacco sistematico, e su vasta scala, a una popolazione civile non necessariamente durante un conflitto armato. Insomma, non si partirebbe da zero. “La composizione della Corte, le funzioni e le procedure di intervento dovranno coincidere con quelle già previste dalla Corte Penale Internazionale”, prosegue Grasso. “E’ necessario solo allargare la giurisdizione della Corte a nuove fattispecie di reato perseguibili: fatti intenzionali dannosi all’ambiente e alla salute dell’individuo aventi effetti ‘estesi’, cioè conseguenze coinvolgenti gli interessi dell’umanità, come devastazioni ambientali, inquinamenti diffusi, aggressioni alla salute di collettività di persone o di altre forme di vita. Il diritto all’ambiente viene sussunto nel diritto alla vita e quindi ritenuto diritto fondamentale dell’uomo”.

Come per la violazione dei diritti umani, anche la sanzione per i danni ambientali è conseguente all’accertamento del dolo, e quindi scatta solo in caso di azioni intenzionali: “Questo, tuttavia, non preclude ogni tutela di natura civilistica per disastri dovuti a condotte colpose, per le quali peraltro la tutela è assicurata dalla normativa europea sulla responsabilità per danno ambientale”, rassicura Abrami. “Anzi, quest’ultima esce rafforzata dalla nuova previsione di una tutela penale internazionale inserita nell’ottica dei crimini contro l’umanità”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here