Una nuova finestra sul nanomondo

Duecento nanometri. Sono queste le dimensioni del più piccolo oggetto visibile con un microscopio ottico basato su lenti convenzionali. O, meglio, erano. Perchè un nuovo studio apparso su Physical Review Letters presenta una tecnica che promette di rivoluzionare la microscopia: un team di ricercatori italiani e olandesi ha utilizzato fenomeni di diffusione luminosa per migliorare la risoluzione spaziale dei microscopi a lenti e osservare oggetti grandi meno di 100 nanometri. Alla ricerca, coordinata da Elbert Van Putten del gruppo di Sistemi Fotonici Complessi dell’Università di Twente in Olanda, ha partecipato anche Jacopo Bertolotti, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Firenze.

Quando si osserva un oggetto con un microscopio ottico, la risoluzione è limitata dalla diffrazione. Si tratta di un fenomeno legato alla natura ondulatoria della luce, che permette ai fronti d’onda luminosi di “aggirare” gli ostacoli o i bordi, invece che procedere semplicemente in linea retta. La diffrazione impone un limite alla risoluzione raggiungibile con una lente, perché un punto luminoso può essere messo a fuoco su un disco il cui diametro sia circa la metà della lunghezza d’onda della luce. Questo limite, detto diffrattivo, è però raggiungibile solo con strumenti molto sofisticati e costosi, perché solitamente la qualità dell’immagine viene deteriorata anche da fenomeni di aberrazione nella lente.

Il team italo-olandese ha utilizzato uno stratagemma per superare questo limite, partendo da un approccio molto innovativo. “Sappiamo che quando la luce, per esempio di un laser, incide su una superficie rugosa o porosa, i fronti d’onda luminosi vengono distorti e la luce si concentra in un reticolo disordinato di puntini luminosi, detti speckle“, ci spiega Bertolotti. “Se quindi anteponiamo uno strato poroso ad una lente, essa focalizza i fronti d’onda su un reticolo disordinato di puntini nel piano focale”. Utilizzando particolari tecniche, i ricercatori sono riusciti a concentrare questi puntini in un solo punto, ottenendo quindi un punto focale molto più piccolo.

“Questo ci ha permesso di osservare nanostrutture con una risoluzione migliore di 100 nanometri con luce visibile: nanosfere d’oro del diametro di 97 nanometro”, prosegue il ricercatore. Tra gli altri vantaggi della tecnica c’è anche la semplicità di realizzazione che rende più accessibile e meno costosa la costruzione di microscopi in grado di offrire simili prestazioni. Secondo lo studioso la nuova tecnica permetterà di riprendere per la prima volta in luce visibile moltissimi oggetti, dagli organelli cellulari ai nanocircuiti, aprendo una nuova finestra sul nanomondo.

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