Un’esplosione affondò il Kursk?

Non fu una collisione a causare l’affondamento del sottomarino russo lo scorso 12 agosto ma un’esplosione. Ad affermarlo sono quattro ricercatori americani in un articolo pubblicato su Eos, il settimanale dell’American Geophysical Union. Una rete di stazioni sismiche presente nella regione baltica e oltre ha registrato, infatti, delle onde d’urto prodotte da due successive esplosioni che sarebbero avvenute a bordo del sottomarino. Ora, i sismologi forensi stanno usando questi dati per ricostruire la dinamica della tragedia. Le due esplosioni sarebbero avvenute a distanza di 135 secondi. La prima, circa 250 volte più piccola della seconda, è stata registrata soltanto dalle stazioni più vicine. La seconda è stata registrata anche oltre i 5000 chilometri di distanza. Secondo Keith Koper e Terry Wallace dell’Università dell’Arizona, e Stephen Taylor e Hans Hartse del Los Alamos National Laboratory, autori dell’articolo, “i segnali rilevati non possono essere stati causati da un terremoto, visto che questa zona del Baltico è soggetta raramente ad attività sismiche”. A sostegno della loro tesi non ci sono soltanto i dati rilevati dalle stazioni sismiche ma anche l’osservazione sulla superficie del mare di una bolla di gas caldi rilasciati dalla seconda esplosione. Questa, secondo gli studiosi, non è stata provocata dall’impatto con il fondo del mare ma è avvenuta dopo che il fuoco ha raggiunto e ha fatto esplodere quattro degli otto missili da guerra presenti a bordo. (p.c.)

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