Amedeo Avogadro, lo scienziato sublime e il suo tempo

Questa eccellente raccolta di saggi, dovuti tutti a studiosi dell’opera di Amedeo Avogadro, risulta divisa in modo che conviene esplicitamente menzionare. La prima parte è dedicata a “Il contesto: Famiglia, Studi Giuridici e Tecnologici”; la seconda si intitola “Alle Origini della Chimica Moderna” e la terza “Dalla Matematica alla Fisica sublime”, poi c’è un capitolo dedicato a “Avogadro e gli Studi di ottica”, e infine “Note su Avogadro e la Capillarità Avogadro” e la “Classificazione delle Scienze”. La prima parte di questo volume contiene informazioni, spesso ignorate, non solo sulle molteplici vicende della vita di Avogadro (1776 – 1841), ma sopratutto sul cosiddetto contesto in cui tali vicende si svolsero, ossia sulle caratteristiche del Piemonte nella seconda metà del Settecento e nella prima metà dell’Ottocento.

Appartenere a una famiglia nobile, influenzò grandemente gli studi e la carriera di Avogadro, condizionandoli spesso in contrasto con la sua chiara vocazione e il suo interesse dominante per la fisica e la chimica. A questo proposito va ricordato che, intorno ai vent’anni, Avogadro seguì per cinque anni il corso di laurea in Scienze giuridiche (laurea nel 1796), indispensabile per partecipare agli enti di governo dello Stato Sabaudo e a candidarsi per ricoprire incarichi sempre più prestigiosi, particolarmente nel mondo universitario e per partecipare ai giudizi sulla distribuzione delle risorse statali a operatori artigianali e industriali per la realizzazione di innovazioni scientifiche e sopra tutto tecnologiche.
Può sorprendere constatare che tale distribuzione avveniva con modalità sostanzialmente simili a quelle seguite dalla nostra attuale società, con una catena decisionale che, partendo dal più alto livello dello Stato, e quindi politico, cercava di verificare con rigore il merito scientifico e tecnologico dei progetti per i quali veniva richiesto il finanziamento e dei risultati ottenuti.

Avogadro partecipò subito all’amministrazione statale, salendo con tenacia a livelli sempre più elevati, e giungendo sia pure con un lento progresso, a ottenere adeguata udienza, anche se non sempre positiva, alle proprie proposte in sintonia con le sue convinzioni scientifiche. Questa partecipazione alla amministrazione pubblica che Avogadro mantenne costantemente fu fondamentale per consentire la sua influenza sull’evolversi della vita scientifica dello Stato Sabaudo, nonché della sua personale ascesa nel mondo accademico e universitario torinese. A questo proposito va ricordato che Avogadro si impegnò per molti anni a migliorare l’efficienza e l’equità con cui venivano distribuite le risorse di cui si è detto, con particolare attenzione all’impatto che tali risorse potessero produrre per l’innovazione industriale ed economica dello Stato Sabaudo.
L’atteggiamento e le azioni intraprese costantemente da Avogadro verso il potere politico costituiscono un esempio molto positivo di comportamento dello scienziato, in cui convergono con grande tenacia conoscenze scientifiche unite a competenze giuridico-amministrative, indispensabili per rapportarsi correttamente ed efficacemente con il  potere politico e universitario torinese, senza per altro assumere atteggiamenti inutilmente provocatori che pure sarebbero stati talvolta giustificati.

La parte seconda del volume, dedicata alle attività di Avogadro per fondare la fisica e la chimica sono certamente le più note, ma dal volume emergono alcuni aspetti che conviene sottolineare. L’affermazione di Avogadro: “Ugual volumi di gas anche diversi in uguali condizioni di temperatura e di pressione contengono ugual numero di molecole” risulta così innovativa e rivoluzionaria, che trascorse più di un secolo perché venisse accettata da tutto il mondo scientifico. Quella ipotesi, nella sua sintetica semplicità, costituiva la conclusione dell’opera di alcuni grandi scienziati, tra cui ovviamente Avogadro stesso, per l’elaborazione di un modello della materia, concepita come un insieme di singole entità materiali (le molecole), le cui interazioni sono alla base dei fenomeni principali della fisica e della chimica. Ipotesi atomistiche, simili al modello molecolare erano molto antiche, ma questo modello riuscì per primo a fornire una corretta interpretazione dei fatti sperimentali accertati. Questo spiega tra l’altro la tenacia con cui Avogadro, da vero fisico teorico e sperimentale, cercò per tutta la vita di dotarsi di laboratori sperimentali, cercando di vincere le allora ancora prevalenti ostilità nei confronti di esperimenti, a cui rapportare, comprovandole, le deduzioni ricavate dai modelli teorici.

I successi sperimentali ottenuti da Avogadro, che gli valsero – è bene sottolinearlo- la notorietà e la stima di alcuni dei maggiori scienziati suoi contemporanei, confermarono con molta evidenza che il rapporto tra modelli teorici e fenomeni sperimentali risultava indispensabile al progredire delle nostre conoscenze scientifiche, nonché al loro sviluppo. Gli interessi e le attività scientifiche di Avogadro, pur restando sempre focalizzati alla fisica e alla chimica, presero in considerazione altri settori del sapere dalla matematica all’ottica, alla capillarità e a quella che potremmo indicare come filosofia della scienza e inquadramento organico delle attività, procedendo con rigore necessario e indispensabile, in un’epoca in cui la definizione degli obiettivi specifici e dei contenuti della scienza era ancora spesso vaga e imprecisa. L’evoluzione della fisica, e ancor più della chimica, trassero in definitiva grande giovamento dall’opera di Avogadro la cui fondamentale rilevanza ebbe modo di manifestarsi ancor più nel corso dell’Ottocento, anche grazie all’opera di chimici italiani quali Stanislao Cannizzaro e Giacomo Ciamician.

Il libro

Marco Ciardi (a cura di)
Il fisico sublime. Amedeo Avogadro e la cultura scientifica del primo Ottocento
Il Mulino 2007, pp. 271, euro 21,00

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