Vaccino sì, vaccino no

Sono realmente efficaci i vaccini contro l’influenza negli anziani? Dal momento che il Ministero della Salute raccomanda la vaccinazione per le persone con età maggiore di 64 anni, in Italia la risposta interessa oltre dieci milioni di persone. E la risposta sembra essere: non molto e comunque dipende dai casi. Da uno studio internazionale appena pubblicato su Cochrane Library, infatti, risulta che la percentuale delle risposte positive ai vaccini anti-influenzali tra la popolazione over 65 sia decisamente “modesta”. Tanto per dare qualche numero, si parla di un 45 per cento nelle comunità chiuse (anziani che vivono nelle case di cura, verosimilmente già debilitati e comunque maggiormente esposti al contagio) che scende a un 30 per cento nelle comunità aperte (anziani che vivono nella proprie abitazioni).

Per avere un riferimento, altri vaccini come quelli contro morbillo, pertosse e varicella di solito hanno un’efficacia compresa tra l’80 e il 90 per cento. La revisione sistematica degli studi condotti sui vaccini anti-influenzali in pazienti anziani, apparsa in questi giorni completa di tutti i dati su efficacia e sicurezza, è stata condotta presso il Ssepi (Servizio sovranazionale di epidemiologia) della Asl 20 di Alessandria. L’indagine fa parte dei programmi della Cochrane Collaboration, un’iniziativa internazionale no-profit che si occupa di raccogliere e valutare le informazioni sui farmaci e sugli interventi sanitari. I ricercatori (sei, per la maggior parte italiani) hanno condotto una metanalisi: una tecnica statistica in cui si considerano i risultati di tanti studi isolati e si standardizzano per ottenere dei risultati “stabili”, ovvero validi e statisticamente significativi per tutta la popolazione che si vuole considerare.

Dopo un primo screening che ha passato al setaccio oltre 4 mila lavori, i ricercatori hanno valutato nel dettaglio 312 studi comparativi, condotti in tutto il mondo in un arco temporale di 40 anni, da quando cioè la vaccinazione è diventata una pratica comune. La metanalisi prevede una prima parte in cui si stabiliscono i criteri, si esaminano gli studi e se ne giudica la qualità. “La parte più difficile sta nel rendere omogenei e comparabili i dati”, spiega Daniela Rivetti che ha condotto la ricerca, “Inoltre è preferibile che siano clinical trial, ovvero studi sperimentali in cui ci sia un gruppo che viene sottoposto a trattamento e un gruppo di controllo e che l’assegnazione dei soggeti ai gruppi sia rigorsamente casuale (radom). Negli studi non randomizzati o in quelli che non prevedono un controllo, il rischio di inquinare i risultati è molto alto.

Dei 312 lavori, solo 64 avevano i requisiti per essere inclusi nella metanalisi”.Il verdetto? Il vaccino sembra efficace solo nel 40-45 per cento dei casi, soprattutto per prevenire ospedalizzazioni e complicanze e solo negli anziani che vivono nelle case di cura. Perchè, per le persone di terza età che vivono nella comunità aperta, apporta benefici appena nel 30 per cento dei casi. “Una percentuale davvero bassa”, commenta Daniela Rivetti, “C’è comunque da dire che, soprattutto per la prima categoria, ha impedito circa il 45 per cento delle polmoniti”. Valori così bassi potrebbero dipendere dal fatto che negli ultimi anni abbiamo assistito a epidemie molto più circoscritte e meno violente: per la maggior parte, i malori invernali sono sindromi influenzali (cioè caratterizzate da sintomi simili all’influenza ma non causate dallo stesso virus) e il vaccino non protegge dalle malattie da raffreddamento e dalle affezioni broncorespiratorie.Ai dati sull’efficacia si aggiungono poi quelli sulle controindicazioni, sopratutto legate a casi di allergie o al verificarsi di fasi acute di malattia.

“La sicurezza viene valutata nei clinical trial che nel caso dei vaccini anti-influenzali sono stati soltanto 5 dei 4400 studi da cui eravamo partiti” aggiunge Rivetti.Alle stesse conclusioni era d’altronde giunta negli Usa Lone Simonsen, epidemiologa del National Institute of Allergy and Infectious Diseases di Bethesda. Secondo il suo studio, risalente allo scorso anno, negli ultimi vent’anni negli Stati Uniti il tasso di mortalità per influenza tra gli anziani è addirittura cresciuto. E questo nonostante le vaccinazioni siano passate dal 20 per cento del 1980 al 65 per cento del 2001.

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