Coronavirus, mini guida sulle varianti

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(Foto: visuals3Dde via Pixabay)

Il primo giugno scorso, l’Organizzazione mondiale della sanità ha deliberato di cambiare il nome alle varianti di Sars-Cov-2, almeno quello comune (quello scientifico, per esempio B.1.1.7, sarà invece mantenuto), utilizzando le lettere dell’alfabeto greco anziché una regione geografica per evitare scorrettezze e discriminazioni. Al momento, le varianti cui è stata attribuita la nuova nomenclatura sono otto (Alfa, Beta, Gamma, Delta, Epsilon, Eta, Kappa, Lambda); altre, come per esempio la B.1.1.207 identificata per la prima volta in Nigeria a marzo 2020, o quella rilevata in Danimarca a settembre 2020, sono ancora oggetto di investigazione e non hanno ancora un nome proprio. Passiamole in rassegna, soffermandoci soprattutto su quelle che l’Oms ha etichettato come variant of concern, ossia che dovrebbero preoccuparci più delle altre.

Alfa

Si tratta della variante B.1.1.7, identificata per la prima volta nel Regno Unito il 14 dicembre del 2020. Quella che causò un rafforzamento del lockdown in terra britannica e un’ulteriore stretta sui controlli alle frontiere, per intenderci. Questa variante del virus è stata trovata più frequentemente nel Sud dell’Inghilterra, e porta con sé ben 23 mutazioni, un numero relativamente grande, rispetto al ceppo originario di Wuhan. Di queste, 9 interessano la proteina spike, e le 14 restanti potrebbero avere a che fare con la capacità del virus di inibire la produzione di interferone da parte delle cellule infettate, il che renderebbe in qualche modo il virus invisibile al nostro sistema immunitario.

Alfa si è diffusa molto velocemente negli Stati Uniti e altrove: uno studio (in preprint) ha mostrato che a gennaio i casi di infezioni da variante Alfa raddoppiavano più o meno ogni dieci giorni; sebbene l’ipotesi più accreditata, al momento, sia che i vaccini che abbiamo a disposizione sono efficaci anche contro questa variante e che la sua mortalità non sia maggiore della variante originale, è abbastanza certo che la sua contagiosità sia molto maggiore – addirittura fino al 70% in più, e per questo è stata etichettata come variante preoccupante. “Alfa si trasmette in modo molto più veloce rispetto alle varianti precedenti”, ha spiegato Neil Ferguson, epidemiologo dell’Imperial College di Londra, “il che vuol dire che le misure di contenimento potrebbero non funzionare bene in futuro”.

Non si sa esattamente perché questa variante sia così contagiosa: diversi studi sembrano suggerire che potrebbe essere legato al fatto che alcune delle sue mutazioni le permettono di entrare più velocemente all’interno delle cellule. Le persone contagiate da questa variante, inoltre, sembrano avere una maggiore concentrazione virale nelle mucose di orecchie, naso e gola rispetto a quelle contagiate dalla variante originale o da altre varianti.

Beta

Quella che oggi chiamiamo Beta è la variante B.1.351, identificata pochi giorni dopo la B.1.1.7 in Sudafrica, e che proprio con la B.1.1.7 condivide alcune mutazioni. Beta è diventata presto dominante in tutta la nazione, soppiantando l’incidenza di altre varianti nelle province di Eastern Cape, Western Cape e KwaZulu-Natal. Come Alfa, non sembra essere più letale di altre, ma è certamente più contagiosa, il che, ancora, induce a valutare la possibilità, in caso di risalita dei contagi, di introdurre misure di contenimento più forti rispetto a quelle del passato.

Ci sono anche delle differenze: a differenza di Alfa, la variante Beta sembra essere più resistente ai vaccini, soprattutto a causa di differenze piuttosto significative nella struttura della proteina spike (i vaccini a mRna che abbiamo a disposizione, difatti, usano proprio la proteina spike per insegnare al corpo a riconoscere e combatter il virus); al momento, comunque, ancora non è chiaro se sarà necessario mettere a punto un altro vaccino specifico per questa variante. Beta si è diffusa in modo abbastanza significativo, nell’immediatezza della sua scoperta, in almeno cinque altre nazioni (Regno Unito, Finlandia, Svizzera, Giappone e Australia), e ne ha raggiunte poi almeno 80 in tutto il mondo.

Gamma

La variante Gamma è stata identificata per la prima volta in Giappone, su quattro persone che rientravano da un viaggio in Brasile. Si ritiene si sia sviluppata alla fine dello scorso anno in Amazzonia, diventando presto la variante dominante nella regione e nelle città circostanti; a gennaio 2021 aveva già raggiunto diverse parti dell’Europa e degli Stati Uniti, e oggi si ritiene si sia diffusa in almeno 37 paesi.

Diversi piccoli studi sembrano suggerire che questa variante, cugina stretta di Beta, non è particolarmente feroce in termini di sintomi e mortalità, ma, al solito, è più contagiosa dell’originale. Porta la mutazione E848K, che coinvolge la proteina spike e che quindi, come abbiamo imparato, potrebbe inficiare l’efficacia dei vaccini, e altre mutazioni che, almeno teoricamente, potrebbero aiutare il virus a eludere la risposta anticorpale e che quindi potrebbero spiegare la sua alta infettività.

Delta e Kappa

Sono due sottotipi dell’ormai famosa variante indiana, rilevata nella nazione asiatica a ottobre 2020 e diffusasi velocemente nel Regno Unito, Stati Uniti e Israele. Al momento la B.1.617 (questo il suo nome scientifico) è la variante dominante in India, ed è la principale responsabile del mostruoso aumento dei contagi ad aprile e maggio scorso.

Il ceppo che include i sottotipi Delta e Kappa porta con sé due mutazioni, la E484Q e la L452R: la prima è presente anche in Gamma e Beta, la seconda in Epsilon. Quest’ultima interessa la proteina spike e potrebbe rendere il virus più infettivo, mentre la prima sembra rendere il virus meno suscettibile agli anticorpi sviluppati in seguito a una precedente infezione e forse anche a quelli prodotti dopo la somministrazione del vaccino.

Non si sa ancora con certezza cosa possa succedere quando queste due mutazioni sono presenti in contemporanea sullo stesso virus: il sospetto è che la loro interazione possa rendere il patogeno ancora più contagioso, un particolare che potrebbe, almeno teoricamente, spiegare l’aumento dei casi in India nonostante i dati indicassero che un’alta proporzione della popolazione fosse già guarita e quindi potenzialmente immune.

La variante Delta sembra inoltre dare luogo più frequentemente a sintomi come mal di stomaco, nausea, perdita dell’appetito, perdita dell’udito e dolori articolari, e addirittura alla formazione di microtrombi così gravi da portare, in alcuni casi, alla cancrena. La comunità scientifica è abbastanza concorde nel considerare Delta e Kappa come le varianti più contagiose e pericolose tra quelle scoperte finora.

Eta

Anche Eta, nome scientifico B.1.525, è stata identificata nel Regno Unito: il 15 febbraio scorso, un team di ricercatori della University of Edinburgh ha riportato di averla osservata circolare a dicembre 2020. Da quel momento in poi, è stata individuata in almeno 11 nazioni diverse, tra cui Canada, Stati Uniti, Ghana, Danimarca e Australia, e come le varianti Alfa e Beta porta con sé la mutazione E484 sulla proteina spike con tutte le conseguenze più o meno note sull’efficacia dei vaccini. “Non sappiamo bene ancora come e quanto velocemente si diffonda questa variante”, ha spiegato Simon Clarke, professore associato di microbiologia cellulare alla University of Reading, “ma è presumibile che diminuisca l’immunità conferita dal vaccino o da infezioni precedenti”.

Epsilon

Epsilon (B.1.427 e B.1.429) è la variante predominante in California, e porta con sé la mutazione L452R, presente anche su Delta e Kappa. È stata identificata in Danimarca a marzo 2020, e si è diffusa velocemente in molte altre nazioni, tra cui, per l’appunto, parte degli Stati Uniti. Il 25% dei campioni raccolti nel Nord della California tra la metà di dicembre e l’inizio di gennaio conteneva materiale virale ascrivibile a Epsilon, il che equivale a un aumento dell’incidenza di oltre sei volte in poco meno di tre settimane.

La variante ha dato luogo a diversi grandi focolai nella contea di Santa Clara, appena fuori San Francisco; diversi studi recenti, ancora in via di pubblicazione, hanno suggerito che Epsilon è più infettiva (40% circa) rispetto ad altre varianti, e che sembra in grado di sfuggire con più efficacia alle difese del sistema immunitario.

Lambda

È l’ultima variante scoperta, in ordine di tempo. Rilevata per la prima volta in Perù, si è ora diffusa in oltre 80 nazioni e continua a mutare; al momento costituisce il 10% di tutti i nuovi casi di infezione rilevati negli Stati Uniti (la settimana scorsa erano il 6%).

Anche Lambda sembra essere più trasmissibile e in grado di causare sintomi più gravi rispetto alle altre, anche se sono necessari ulteriori studi per confermare queste ipotesi. L’Organizzazione mondiale della sanità sta osservando il suo comportamento epidemiologico e il suo “potenziale aumento della resistenza agli anticorpi neutralizzanti”.

Via: Wired.it

(Foto: visuals3Dde via Pixabay)