Categorie: Ambiente

Vulcani in provetta

Una mini eruzione ricostruita in laboratorio con tutti i crismi, utilizzando persino la roccia proveniente dall’Ena, per capire come evolvono i terremoti che precedono un’eruzione. Questo, in breve, l’esperimento condotto da vulcanologi dello University College London (Gb), dell’Università di Toronto (Canada) e da Sergio Vinciguerra dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Lo studio, pubblicato su Science, ha permesso per la prima volta di isolare e identificare i segnali sismici utili a prevedere le eruzioni.

Come spiegano gli autori, sono due i tipi di attività che precedono un’eruzione. Una è la sismicità detta “vulcano-tettonica” (Vt), dovuta alle spaccature della crosta terrestre al passaggio del magma, che causa scosse di terremoto superficiali al di sotto del cono vulcanico. L’altra deriva dai cosiddetti “eventi a bassa frequenza” (Lf) o “a lungo termine”. Secondo i ricercatori, isolare questi ultimi segnali, più nascosti ma durevoli, è la chiave per rivelare con anticipo l’attività sismica che precede l’eruzione. “Il vulcano, come un’orchestra, produce molti segnali acustici difficili da distinguere singolarmente” spiegano Luigi Burlini dell’Istituto svizzero federale di tecnologia e Giulio Di Toro dell’Università di Padova in un commento all’articolo pubblicato sullo stesso numero di Science: “È più facile distinguere un passaggio di clarinetto all’interno della sinfonia una volta che lo abbiamo ascoltato da solo”.

Per isolare questo segnale rivelatore a bassa frequenza, i ricercatori hanno sottoposto un cilindro di roccia basaltica dell’Etna (una sorta di mini vucano di 100 millimetri di altezza e 40 di diametro) alle stesse condizioni che si verificano nel corso di un’eruzione. I geologi hanno quindi deformato il blocco, in cui era stato inserito un liquido, provocando fratture superficiali; poi hanno decompresso rapidamente il liquido, provocandone la fuoriuscita – come succede quando si stappa lo spumante. In entrambe sono stati registrati i suoni provocati dagli eventi simulati. I risultati mostrano che le onde a bassa frequenza sono provocate dalla rapida decompressione. (i.n.)

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