Zolfo, carbone e zanzare

Lilith Verdini
Zolfo, carbone e zanzare
Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, febbraio 2011

Per parlare di migrazioni sono necessarie sempre due prospettive. Entrambe hanno lo stesso peso, la stessa capacità di spiegare il fenomeno, e una non può prevalere sull’altra: l’analisi storica e sociologica, che ha come protagonista la comunità, non può fare a meno dei racconti personali, le testimonianze di chi ha lasciato la propria casa, salutato amici e parenti per andare a lavorare altrove.

E’ raro però trovare nel panorama editoriale un libro capace di bilanciare i due punti di vista, con l’obiettivo di mantenere viva la memoria sociale al pari di quella individuale. Spesso i saggisti indugiano sulla storia collettiva trascurando le esperienze personali e gli aneddoti, che invece piacciono molto ai biografi, disposti a sviscerare ogni particolare a spese degli aspetti generali.   

Ma a  Lilith Verdini, giovane autrice di Zolfo, carbone e zanzare, va il merito di aver trovato il giusto equilibrio narrativo tra fatti storici e biografici. La sua ricostruzione della vicenda dei minatori di Cabernardi, la miniera di zolfo fra Ancona e Pesaro che negli anni Cinquanta chiuse costringendo gli operai a trovare lavoro altrove, è dettagliata e accurata tanto nella prima parte, dedicata al contesto storico, geografico e sociale, quanto nella seconda, dove sono ospitate le testimonianze dei minatori emigrati. Si capisce che l’autrice, alla sua prima opera, ha dedicato lo stesso impegno nel reperire documenti d’archivio, fotografie d’epoca, pagine di giornali, statistiche demografiche e nel raccogliere dalla viva voce dei protagonisti la loro versione personale dei fatti.

Nel 1952 la Società Montecatini, proprietaria della miniera, decise la chiusura di quella che sin dal 1878  era stata la principale fonte di sostentamento per le famiglie della zona. Da quando infatti il giacimento di zolfo venne fortunosamente individuato da un pastore colpito dal rifiuto del bestiame di bere l’acqua delle pozze, l’intera comunità di Cabernardi ruotò per quasi un secolo intorno all’estrazione del minerale. Duemila occupati  rimasero orfani all’improvviso dell’unico insediamento industriale di una zona interamente dedita all’agricoltura. L’unica soluzione fu emigrare: una parte di loro rimase in Italia trovando lavoro nel nascente polo petrolchimico di Pontelagoscuro nel ferrarese, un’altra varcò i confini nazionali trasferendosi in Belgio carente di manodopera per le sue miniere di carbone.

Le conseguenze si fecero sentire sul territorio e sulla vita delle persone. La prima parte del libro è ricca di fonti scritte e fotografie (quasi una ogni pagina), mentre la seconda è dedicata alle fonti orali. Tra le tante testimonianze della prima sezione troviamo un bel reportage di Gianni Rodari, inviato della rivista “Vie Nuove” a Cabernardi per raccontare la “lotta dei sepolti vivi”,  i quattrocento operai rimasti  per quaranta giorni a cinquecento metri di profondità per protestare contro i licenziamenti: “Qui la Montecatini viene a cercare l’oro, che lo zolfo lo ricorda anche nel colore, sebbene con un tono più livido. I minatori ci vengono a cercare il loro pane, semplicemente, ed è stato per difendere il loro pane, per respingere 860 lettere di licenziamento che sono stati costretti ad occupare i pozzi…”, scriveva Rodari.

Dalle interviste ai marchigiani di Pontelagoscuro e del Belgio, a cui è dedicata la seconda parte, emerge l’ininterrotto legame che unisce gli immigrati al loro luogo di origine: “Perché infatti – come dice Marzia Marchi, docente di geografia all’Università di Bologna nell’introduzione – questa è la dimensione che l’autrice rileva nelle sue interviste [… ], quella cioè di avere portato con sé parte del loro mondo e di averlo riprodotto in qualche misura nel nuovo contesto” .

Il libro di Lilith Verdini, che potrebbe funzionare altrettanto bene come documentario, riesce a incuriosire, appassionare e anche a commuovere. Succede quando l’analisi storica non si ferma alla puntuale ricostruzione dei fatti ma riesce a trasmettere le emozioni di chi ne fu protagonista. E’ il caso di questo libro.

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