Celle solari economiche, flessibili e indossabili

Credits: EPFL
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(Politecnico di Milano) – Un nuovo studio pubblicato da Science ha dimostrato un metodo rapido per la stabilizzazione delle celle solari perovskitiche in condizioni di funzionamento outdoor che apre finalmente la strada alla loro commercializzazione. Lo studio ha coinvolto ricercatori del Politecnico di Milano, del Politecnico di Torino e dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne.

Perché le cosiddette perovskite solar cells sono considerate una delle tecnologie fotovoltaiche più promettenti? Rispetto alle convenzionali celle a base di silicio cristallino, questi sistemi prospettano una riduzione dei costi energetici ed economici per la loro fabbricazione grazie alla possibilità di impiegare tecnologie di fabbricazione (cosiddette roll-to-roll) proprie della stampa su grandi volumi. Inoltre, tali sistemi possono essere fabbricati anche su substrati flessibili o superfici curve, cosa impossibile per la più comune tecnologia a base di silicio cristallino dove il punto di partenza è un lingotto rigido.

Tale aspetto, associato all’intrinseca leggerezza dei dispositivi stessi (si tratta di strati di spessori inferiori a qualche millesimo di millimetro), potrebbe favorirne una più armonica integrazione in ambito architettonico, oltre che aprire la strada a sistemi di generazione di energia indossabili. Nonostante la loro eccezionale efficienza, questi sistemi sono purtroppo estremamente sensibili all’esposizione alla luce ultravioletta e all’umidità che causano un notevole peggioramento delle loro performance durante il funzionamento all’aperto. Questo aspetto ha sempre rappresentato un enorme ostacolo alla potenziale commercializzazione di questa tecnologia.

L’applicazione di un rivestimento polimerico multifunzionale ha consentito di ottenere celle solari a base perovskitica caratterizzate da straordinaria stabilità di funzionamento in reali condizioni operative, come dimostrato dai risultati dello studio in cui tali dispositivi sono stati sottoposti a diverse condizioni di irraggiamento. Allo stesso tempo, questo rivestimento multifunzionale ha consentito di incrementare stabilmente l’efficienza di questi sistemi fino a circa il 19%.

L’attività di ricerca che ha portato alla pubblicazione su Science è stata condotta per il Politecnico di Milano da Gianmarco Griffini e Stefano Turri nel Laboratorio di Chimica e Caratterizzazione di Polimeri Innovativi (ChIPlab) del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” e per il Politecnico di Torino da Federico Bella del DISAT – Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia sotto la supervisione di Claudio Gerbaldi (coordinatore del Group for Applied Materials and Electrochemistry – GAME Lab, DISAT) e col supporto del Center for Sustainable Futures @PoliTO dell’Istituto Italiano di Tecnologia, coordinato da Guido Saracco.

Le celle solari sono state assemblate, caratterizzate e testate in diverse condizioni di invecchiamento accelerato per oltre un anno in diversi laboratori, tra i quali quelli dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne in cui ha operato Juan-Pablo Correa-Baena, sotto la supervisione dei professori Michael Grätzel e Anders Hagfeldt, luminari nel campo del fotovoltaico di nuova generazione.

L’approccio proposto in questo lavoro rappresenta un passo fondamentale per lo sviluppo di celle solari a base perovskitica con elevata stabilità ambientale, nell’ottica di una loro prossima immissione sul mercato fotovoltaico.

Riferimenti: Improving efficiency and stability of perovskite solar cells with photocurable fluoropolymers; Federico Bella, Gianmarco Griffini, Juan-Pablo Correa-Baena, Guido Saracco, Michael Grätzel, Anders Hagfeldt, Stefano Turri, Claudio Gerbaldi; Science

1 commento

  1. Forse sarebbe prudente provare anche l’innoquità – o meno, di questa invenzione sulla salute umana, prima di cominciare ad usarla per esempio nei tessuti per gli sport invernali. Amianto docet.

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