Le origini degli Inca nel DNA dei discendenti, in attesa di una mummia

via Pixabay

Una delle maggiori civiltà precolombiane è quella degli Inca, che diede vita, dal 13esimo al 16esimo secolo d.C., ad uno dei più estesi imperi del mondo, nell’altopiano andino, fino a che non arrivarono i Conquistadores spagnoli. Si tratta di una civiltà con origini sconosciute, avvolta da sempre nel mistero, di cui non si ha nessun documento scritto, ma solo miti e leggende. Una nuova ricerca, condotta da un gruppo internazionale di ricercatori provenienti da Perù, Brasile e Bolivia e guidati da Ricardo Fujita dell’Universidad de San Martin de Porres di Lima in Perù, contribuisce a far luce sulle origini degli Inca. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Genetics and Genomics.

Chi erano gli Inca?

Una delle domande a cui da sempre cercano di dare risposta gli studiosi delle civiltà precolombiane è se gli Inca fossero stati una stirpe con un unico capostipite comune o se fossero giunti nell’attuale Perù a seguito di una migrazione da paesi lontani. Numerosi studi hanno esaminato gli aspetti legati alla morfologia, all’archeologia e alla linguistica, altri si sono basati sullo studio dei miti tramandati dai cronisti spagnoli. La genetica, con la ricostruzione del DNA degli Inca, può aiutarci a ricostruire una parte della storia e potrebbe fornire risposte certe sulle misteriose origini di questa civiltà.

Per ottenere una ricostruzione valida, in realtà, sarebbe necessario effettuare analisi genetiche su una mummia inca appartenente all’élite del tempo. Ma sfortunatamente le mummie e i resti dei corpi degli imperatori, venerati come dei, furono bruciati o sepolti in località sconosciute, a causa della persecuzione politica e religiosa da parte dei conquistatori cristiani. Quindi, purtroppo, non abbiamo al momento materiale su cui studiare il DNA in modo diretto. “Per ora solo l’analisi genetica dei discendenti moderni degli Inca può fornire alcune informazioni sui loro antenati” osserva Jose Sandoval, primo autore dell’articolo.

Lo studio su individui di Cuzco

Fujita e colleghi hanno così condotto un’analisi genetica su 18 individui (17 uomini e una donna), appartenenti a 12 famiglie di discendenti per via paterna di sovrani inca. “La maggior parte di queste famiglie vive ancora nelle città di San Sebastian e San Jeronimo, nella regione di Cuzco in Perù, e sono probabilmente il gruppo più omogeneo di discendenti Inca” sottolinea Ronald Elward, coautore dell’articolo.

L’analisi genetica valutava i marcatori per il cromosoma Y e il DNA mitocondriale (mtDNA), due elementi che vengono spesso utilizzati per ricostruire la storia genealogica e le migrazioni delle popolazioni. Il cromosoma Y ha il vantaggio di essere trasmesso solo di padre in figlio maschio, mentre il DNA mitocondriale viene trasmesso solo dalla madre ai figli di ambo i sessi. I risultati ottenuti sono stati confrontati con un database genetico di 2400 individui, provenienti da Bolivia, Brasile, Ecuador e Perù.

Nel tempo di vita dell’impero Inca, che finì nel 1571 con la conquista spagnola, si sono succeduti dai 12 ai 14 sovrani. Secondo alcuni autori, la successione al trono è avvenuta di padre in figlio, mentre altri ritengono che la selezione venisse fatta sulla base delle abilità militari e amministrative. “Nel primo caso ci si dovrebbe aspettare un unico cluster patrilineare –  sottolinea Ricardo Fujita -. Nel secondo dovrebbero essere evidenti due o più clusters patrilineari”.

Figli di due padri

I dati emersi consentono di escludere la presenza di un unico antenato comune dei discendenti moderni dei sovrani inca. “I risultati – sottolinea Fabricio Santos, coautore dell’articolo – mostrano origini patrilineari distinte che si riconducono a due individui che vissero tra il 1000 e il 1500 d.C., in un periodo di tempo compreso tra il declino degli ex-imperi di Tiwanaku (a sud) e Wari (a nord) e l’ascesa dell’impero Inca”. Questo risultato è in accordo con i due principali miti degli Inca, che descrivono le origini della civiltà proprio nelle aree geografiche individuate dai dati dello studio di oggi.

A svelare l’origine che parte da più di un antenato è l’analisi del cromosoma Y, che evidenzia la presenza di due aplotipi patrilineari principali, denominati AWKI-1 e AWKI-2: in pratica sono stati individuati due tratti genetici distintivi diversi fra loro. Un aplotipo, in generale, è una combinazione sullo stesso cromosoma di diversi alleli fisicamente vicini, che vengono ereditati insieme.

Il primo elemento genetico, l’aplotipo patrilineare AWKI-1 (awki significa principe ereditario in lingua quechua, la lingua degli inca) è stato trovato in otto individui appartenenti a famiglie che discendono dagli Inca Yahuar Huacac e Viracocha. L’antenato comune di questi individui visse approssimativamente 18 generazioni fa, intorno al 1400 d.C. AWKI-1 è stato trovato anche in individui che vivono attualmente nelle vicinanze del lago Titicaca, principalmente nelle popolazioni Aymara di Perù e Bolivia.

Il secondo elemento genetico, l’aplotipo patrilineare AWKI-2 è stato trovato in otto individui, tra cui un discendente di un Inca vissuto più recentemente. L’antenato comune di questi individui visse circa 30 generazioni fa, intorno al 1000 d.C. “AWKI-2 è stato rintracciato anche in numerosi individui provenienti da diverse località delle Ande e, occasionalmente, in Amazzonia – afferma Santos – suggerendo un’espansione degli Inca nel territorio andino, in particolare in Perù e in Bolivia, nel periodo tra il 1000 e il 1450 d.C.”.

L’analisi del DNA mitocondriale dei discendenti degli Inca suggerisce la presenza di una notevole variabilità genetica. I marcatori dell’mtDNA sono stati ritrovati in individui provenienti da Ecuador, Colombia, Perù, Bolivia, Cile e Argentina. “Questo flusso genetico elevato – ipotizza Sandoval – riflette probabilmente le alleanze politiche suggellate da matrimoni combinati tra la nobiltà inca di Cuzco e le figlie dei signori dei domini di tutto l’impero”.

Ci vorrebbe una mummia

In questo studio sono stati esaminati solo 18 individui, mentre sarebbe opportuno –sottolineano gli autori – effettuare un’analoga analisi su un campione più vasto. L’ideale però sarebbe analizzare il DNA dei resti dei sovrani Inca. Purtroppo le mummie dei regnanti sono in gran parte andate distrutte, ma dalle cronache dell’epoca sappiamo che cinque di loro sono state seppellite in un fosso dell’ospedale di Sant’Andrea di Lima. Inoltre, è noto che i resti di uno dei figli di Huayna Capac (l’ultimo sovrano precoloniale) si trovano sotto l’altare principale della chiesa di San Cristobal a Cuzco. Il ritrovamento di questi resti potrà consentire la ricostruzione del codice genetico degli Inca ed il confronto con il DNA delle mummie comuni peruviane potrà finalmente svelare il mistero dell’origine di questa civiltà.

“Questo studio è solo la punta dell’iceberg nel tentativo di risolvere alcuni dei numerosi enigmi di una delle civiltà più straordinarie”, conclude Sandoval. “Il DNA di un monarca Inca o di un suo diretto discendente che visse all’inizio della dominazione spagnola potrebbe darci più certezze sulle origini degli Inca, e noi non vediamo l’ora di averlo a disposizione”.

Riferimenti: Molecular Genetics and Genomics

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