Distrofia di Duchenne: una nuova strategia potrebbe contrastarla

(Foto: Cnr)

Per la distrofia muscolare di Duchenne, la più frequente patologia muscolare ereditaria, non esiste ancora una cura. Ma ora una nuova speranza arriva dai laboratori dall’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli. I ricercatori, guidati da Vincenzo Di Marzo, hanno infatti scoperto che farmaci in grado di regolare la funzione di cannabinoidi (prodotti dal nostro stesso organismo) permettono di contrastare il decorso della malattia e recuperare parte delle funzioni motorie perdute in un modello animale. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.

La distrofia muscolare di Duchenne è la più frequente patologia muscolare su base ereditaria. Ad esserne colpiti sono principalmente i bambini maschi. L’esordio è precoce e, oltre ai muscoli scheletrici, sono colpiti molti altri organi come cuore, polmoni e cervello. Questa malattia, infatti, esordisce nei primi anni di vita e causa una progressiva ed irreversibile degenerazione muscolo-scheletrica, con un’aspettativa di vita medio-bassa. Le terapie attuali prevedono l’assunzione di potenti farmaci antiinfiammatori con i quali però si riesce soltanto a contenere in maniera parziale la sintomatologia e con i quali è difficile effettuare una valutazione rischio-beneficio.

“Con i nostri ricercatori siamo da anni impegnati a studiare il sempre crescente numero di molecole che compongono il sistema degli endocannabinoidi e dei recettori ed enzimi ad esso collegati, da un punto di vista chimico-strutturale e funzionale”, spiega Di Marzo. “In molti casi i nostri studi hanno dimostrato come le alterazioni di tale sistema siano associate a varie patologie di ordine neurologico come demenze senili, epilessia, dolore acuto e cronico, e a diverse forme di tumore. Per alcune di esse, poco o per nulla trattabili dal punto di vista clinico, farmaci che agiscono, tra le altre cose, regolando la funzione degli endocannabinoidi stanno avendo un riscontro positivo”.

Le alterazioni del sistema endocannabinoide nelle patologie muscolari restano tuttavia ancora poco note. “Il nostro studio affronta proprio questo aspetto e per la prima volta ha riscontrato importanti alterazioni degli endocannabinoidi nei muscoli scheletrici affetti da distrofia muscolare di Duchenne, in particolare l’iperattività del recettore CB1 nel tessuto muscolare striato, sia nell’uomo sia in un modello animale”, prosegue Fabio Arturo Iannotti del Cnr-Icb che ha pianificato e condotto il progetto di ricerca. “Abbiamo inoltre dimostrato come, con somministrazioni ripetute di farmaci in grado di attenuare tale iperattvità, si ottenga un parziale ma significativo recupero delle funzioni motorie ed una riduzione dell’infiammazione nel modello animale”.

“Di particolare interesse è la scoperta che gli antagonisti del recettore CB1 promuovono la maturazione delle cellule staminali muscolari, la cui disfunzione rende inefficace la rigenerazione delle fibre muscolari, e allo stesso tempo contrastano l’innesco dell’infiammazione e la degenerazione muscolare tipiche della malattia. Quest’ultimo effetto è simile a quello da noi riscontrato in un altro studio utilizzando invece alcuni cannabinoidi naturali e non-psicotropici isolati dalla ‘Cannabis sativa’”, conclude Di Marzo. “Sebbene sia sempre necessaria molta cautela nell’interpretare i risultati ottenuti in modelli sperimentali, l’auspicio è che tale scoperta scientifica spiani la strada a nuove e più efficaci terapie per le patologie muscolari e offra una diversa prospettiva di vita ai pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne”.

Riferimenti: Cnr, Nature Communications 

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