Il consumo di alcol in Italia sta cambiando decisamente e nella direzione peggiore: diminuisce l’uso moderato, si beve meno vino a tavola, e aumenta quello occasionale, il più rischioso per la salute. A dirlo è l’ultima Relazione del Ministro della Salute sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi correlati, trasmessa al Parlamento a fine aprile. I report fotografa l’evoluzione del consumo di alcol in Italia nell’arco di un decennio, rilevando circa 800 mila minorenni e 2.700 mila ultra sessantacinquenni tra i consumatori a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate. Una popolazione in crescita, così come il numero di incidenti correlati all’uso di alcol e, non ultima, la spesa sanitaria.
Nel decennio 2007-2017 i consumatori in generale sono diminuiti, dal 68,2% al 65,4% della popolazione, ma a diminuire sono le persone che consumano alcol quotidianamente a tavola (dal 29,3% al 21,4%). Cresce invece il numero di persone che bevono alcolici occasionalmente, passati da circa il 39% al 44%, e anche chi beve fuori pasto (dal 25,6 al 29,2%).
Tuttavia, nel 2017 il consumo di alcol si è allargato rispetto all’anno precedente (+ 0,7) e su questo dato pesa l’aumento del consumo occasionale, salito dal 43,3% al 44%.
Sono sempre meno gli italiani che pasteggiano con un bicchiere di vino, il tradizionale uso nostrano di alcolici. Una modalità alimentare in cui il valore assegnato alla bevanda insegna peraltro il controllo e la moderazione. Per contro, purtroppo, cresce il consumo occasionale e puramente voluttuario di bevande alcoliche, un modello di uso generalmente più dannoso e maggiormente associato a malattie alcol-correlate e all’alcolismo.
Nel 2017 nella popolazione italiana con età superiore a 11 anni c’erano circa 8 milioni e 600 mila consumatori a rischio, vale a dire il 23,6% degli uomini e l’8,8% delle donne: una percentuale molto elevata. Le fasce d’età più interessate sono quella dei 16-17enni (M=49,3%, F=40,0%) – che non dovrebbero consumare bevande alcoliche – e quella dei “giovani anziani” (65-75 anni). Sono circa 800 mila i minorenni e 2 milioni e 700 mila gli ultra sessantacinquenni a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate. In generale, tra i soggetti a rischio sono più numerosi gli uomini delle donne in tutte le classi di età, ad eccezione di quella dei minorenni, dove invece le differenze non sembrano significative.
Tra i giovani va ancora il binge drinking, l’assunzione di numerose unità alcoliche al di fuori dei pasti e in un breve arco di tempo. E’ la forma di consumo più diffusa e si mantiene sostanzialmente stabile. Nel 2015, la praticava 15,6% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni di età, il 22,2% dei maschi e l’8,6% delle femmine. Ma nell’anno successivo, l’abitudine del bere sregolato si è estesa al 17% dei giovani, il 21,8% dei ragazzi e l’11,7% delle ragazze.
I dati presentati fa confermano l’andamento già assestato negli ultimi 10 anni, caratterizzato dalla progressiva riduzione della percentuale dei consumatori che bevono solo vino e birra, soprattutto fra i più giovani e le donne. E, per contro, e dal parallelo aumento di quanti consumano, oltre a vino e birra, anche aperitivi, amari e superalcolici. A guidare il cambiamento di abitudini sono giovani e giovanissimi e in misura anche maggiore gli adulti oltre i 44 anni e gli anziani.
Questo cambiamento dei consumi ha anche conseguenze sociosanitarie. Nel 2017, sono stati 4.575 gli incidenti stradali per i quali almeno uno dei conducenti dei veicoli coinvolti era in stato di ebbrezza e 1.690 quelli sotto l’effetto di sostanze illegali, su un totale di 58.583 incidenti. Dunque circa l’8% degli incidenti rilevati dai Carabinieri e dalla Polizia Stradale è correlato ad alcol e il 2,9% a sostanze psicoattive illegali. Sono percentuali in aumento rispetto al 2015 quando erano pari al 7,6% e al 2,3%.
Nel 2017 i Servizi pubblici per il trattamento dell’alcolismo hanno avuto in carico circa 68.000 pazienti, di cui il 27% nuovi utenti. I restanti sono soggetti in carico dagli anni precedenti o rientrati nel corso dell’anno dopo aver sospeso un trattamento. La diffusione dell’uso problematico di alcol e il consistente ingresso di nuovi pazienti si riflette, evidentemente, nell’aumento della spesa sanitaria per il trattamento dell’alcolismo. Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2017 i consumi e la spesa a carico del SSN per farmaci usati nella cura dell’alcolismo sono aumentati, rispettivamente, del 5% e dell’8%: un enorme incremento percentuale.
Se questo è il quadro, è evidente che l’evoluzione dei modelli di consumo di alcol debba essere oggetto di grande attenzione politica e preventiva. Certamente, è indispensabile anche un maggiore impegno per il rispetto delle regole sull’acquisto e il consumo di bevande alcoliche da parte di minori. Ma serve anche maggiore impegno nella valorizzazione di una sana cultura del bere, con moderazione e raramente fuori pasto, come è nella nostra tradizione. Rivolgendosi soprattutto alle fasce della popolazione giovanile e veicolando norme, valori e simboli associati. Elementi culturali che possano essere “distillati” dal cervello in dinamiche cognitive che favoriscano la capacità di modulazione e inibizione dei centri impulsivi legati al bere puramente voluttuario.
Riferimenti: Relazione del Ministro della Salute sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi correlati
La versione originale di questo articolo è pubblicata sul blog di Stefano Canali Psicoattivo.
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AIFA ? Dove, come e quando ha pubblicato quanto scritto nel titolo ? Riferimenti per favore, grazie.
Evidentemente un lapsus, di cui ci rammarichiamao e che abbiamo corretto. Non Aifa, mai citata nel testo, ma Ministero della salute, come indicato, anche in fondo all'articolo con link alla fonte.