Alla conquista dell’oceano

I ricercatori dell’Università di Bergen (Norvegia) hanno compreso come i pesci ossei hanno conquistato gli oceani durante il tardo periodo Cretaceo e il primo Paleocene: duplicando i geni produttori di tuorlo e riempiendo le loro uova con “acqua vitale”. Lo sviluppo delle proteine di uno dei geni duplicati, infatti, permise alle uova di riempiarsi di acqua e galleggiare.

Lo studio, pubblicato su Plos One, integra in un’unica ipotesi la fisiologia cellulare e molecolare della riproduzione dei teleostei con la loro storia evolutiva e ambientale.

“Gli oceani non sono stati sempre pieni di pesci come ora”, racconta Roderick Nigel Finn, ricercatore del dipartimento di Biologia dell’Università di Bergen. “Al contrario i resti fossili ritrovati nei sedimenti marini mostrano che gli antenati dei pesci ossei abitarono gli ambienti d’acqua dolce per almeno 150 milioni di anni e solo 55 milioni di anni fa sono comparsi rapidamente e con migliaia di nuove specie negli oceani”.

Tale diffusione senza precedenti ha interessato per molti anni i biologi, che hanno studiato l’adattamento fisiologico delle uova all’ambiente marino: il passaggio da acqua dolce ad acqua salata è infatti impegnativo per il bilanciamento degli animali adulti e ancor di più per le uova appena deposte.

Dall’esame dell’evoluzione di proteine dette “vitellogeniche” è emerso che i teleostei sono stati sottoposti a duplicazione di uno specifico gene: l’alterazione nella funzione di uno dei geni duplicati ha permesso alle proteine del tuorlo di essere rotte, liberare amminoacidi e quindi produrre l’idratazione delle uova mature. La durata complessiva di questi mutamenti coincide con l’apparizione del vasto numero di pesci ossei marini nei resti fossili.

Gli autori suppongono quindi che la nuova funzionalità dei geni “vitellogenici” duplicati sia l’evento chiave nell’evoluzione e nel successo di questi animali in ambiente oceanico. (m.r.)

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