Il cervo a passeggio per i negozi di Cortina, la mamma e il cucciolo di orso marsicano che corrono per le vie di Pescasseroli e il lupo investito e soccorso in Calabria da un automobilista. Sono solo alcune delle notizie recenti che ci presentano gli animali selvatici sempre più vicini ai centri abitati e sempre più in contatto con l’essere umano. Un contatto che, a volte, sembra pericoloso. Qualche giorno fa in Sardegna e Nord Italia è iniziato ad esempio l’allarme della diffusione di trichinella da cinghiale a essere umano, un parassita che può infettare la nostra specie se si consuma carne cruda e non controllata. Ma la presenza ravvicinata di animali selvatici ci espone veramente a dei rischi sanitari? “Negli ultimi anni, in Italia, i contatti tra esseri umani e animali selvatici sono sempre più frequenti. Ma non bisogna allarmarsi, basta avere una maggiore accortezza”, spiega Adriano Argenio, medico veterinario specialista presso l’Azienda USL Toscana Sud Est, che ci spiega anche come comportarsi quando si incontrano degli animali selvatici. Per non mettere a rischio la nostro e anche la loro incolumità
Dott. Argenio, perché, rispetto al passato, è più facile incontrare animali selvatici?
“Nel nostro territorio, le popolazioni di alcuni animali selvatici, sono aumentate come numero di individui e quindi arrivano più facilmente a frequentare anche le aree periferiche dei centri urbani. Qui trovano rifugio e cibo e pertanto continuano a visitarli o addirittura diventano stanziali. È un fenomeno nuovo che deve essere gestito correttamente e questo richiede la collaborazione di tutti”.
Che rischi comportano questi incontri per l’essere umano?
“Di per sé, la presenza di animali selvatici non comporta alcun rischio. Spesso, però, le persone hanno li approcciano come se fossero animali domestici, tentando carezze, vicinanza, offerta di cibo. L’animale selvatico, tuttavia, può fraintendere questi atteggiamenti e diventare aggressivo. Inoltre questi animali sono elusivi, quindi quando si fanno toccare e manipolare può essere un segno che sono in difficoltà o sono malati e quindi possono trasmettere patogeni anche alle persone, pur non mostrando sintomi evidenti”.
Comportamenti inadeguati possono quindi aumentare anche il rischio sanitario?
“Esatto. Gli animali selvatici possono essere portatori di malattie e l’interazione non corretta può favorirne la trasmissione e la diffusione. Basti pensare che l’OIE, l’Organizzazione mondiale della sanità animale, negli ultimi anni ha registrato 175 agenti di patologie emergenti, di cui 144 sono zoonosi e di queste il 70% viene trasmesso dagli animali selvatici. Questi possono essere una potenziale fonte diretta e indiretta di infezione per l’essere umano e quindi possono rappresentare un potenziale pericolo sia per la salute pubblica che per la sicurezza alimentare”.
Cosa si può fare quindi per limitare il rischio di contrarre zoonosi?
“L’Italia è all’avanguardia per i controlli sulla salute pubblica e sulla sicurezza alimentare. Ogni prodotto di origine animale è controllato dai medici veterinari prima di essere immesso sul mercato. Questo riesce a prevenire la diffusione delle malattie ed è il motivo principale per cui bisogna evitare di consumare i prodotti non sottoposti a questi controlli. Se invece si incontra un animale selvatico è sempre meglio evitare di avvicinarsi e infastidirlo. Se dovesse presentare ferite o non sembrare in salute, è importante non improvvisarsi soccorritore, ma chiamare subito gli enti dedicati, come i centri recupero animali selvatici autorizzati. Gli animali selvatici sono affascinanti e la loro presenza è un segno di salubrità dell’ecosistema in cui viviamo, sta a noi tenerli alla giusta distanza per poterli osservare senza provocare danni a noi e a loro”.
Quanto la globalizzazione i cambiamenti climatici possono influenzare la diffusione di alcune malattie?
“Direi tanto. Ormai si parla di one world, one health, cioè un solo mondo, una sola salute. La globalizzazione e la facilità di trasporto permettono anche ai patogeni di spostarsi rapidamente da un continente all’altro. I cambiamenti climatici, invece, da un lato favoriscono la diffusione di diversi patogeni in nuove zone grazie al clima più caldo e umido, dall’altro spingono le popolazioni di animali selvatici a spostarsi in aree in cui non erano più presenti in tempi storici. Infine il commercio di specie esotiche crea il problema delle specie aliene, cioè di specie animali diffuse dall’uomo in aree diverse da quelle nelle quali si sono evolute”.
(Foto: Ricardo Alfaro on Unsplash)