In Antartide, l’ampio ghiacciaio Thwaites, che ricopre una superficie di 120mila chilometri quadrati (circa 93 volte la superficie della città di Roma), potrebbe in futuro sciogliersi completamente ed essere inghiottito dall’oceano, che ingloberebbe gradualmente tutto il suo ghiaccio, durante un periodo di 150 anni. L’impatto sull’ambiente e in termini di cambiamenti climatici sarebbe importante, dato che il livello complessivo del mare potrebbe salire di ben circa mezzo metro. Uno scenario preoccupante se si tiene conto che attualmente questo livello è 20 centimetri sopra quello pre-industriale (prima dell’inizio del riscaldamento globale).
A mostrare queste stime, ottenute con complessi calcoli matematico-stastistici, è uno studio coordinato dal Georgia Institute of Technology, che svela come questo ghiacciaio in Antartide sia fortemente in bilico, dato che si sta sciogliendo sempre di più e potrebbe arrivare a un’instabilità, fino a un punto di non ritorno, in cui sparirebbe completamente. Attualmente Thwaites si sta già sgretolando sempre più rapidamente e la velocità con cui questo avviene fa pensare agli autori che le cose potrebbero peggiorare e precipitare, fra qualche centinaio di anni. I risultati sono pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Artide e Antartide, lo scioglimento dei ghiacci
Mentre nelle zone artiche i ghiacciai sono soprattutto sott’acqua e il 90% della massa degli iceberg è sommersa, al contrario l’Antartide possiede la maggiore quantità di ghiaccio fuori dall’acqua, sostenuta dalla terra. “Gli strati di ghiaccio in Antartide – sottolinea Alex Robel, che ha coordinato lo studio – sono otto volte più abbondanti che in Groenlandia e 50 volte rispetto a tutti i ghiacciai montani al mondo”. Il problema è che il ghiaccio sottomarino che si stacca non aumenta il livello del mare, dato che quando si scioglie il volume diminuisce, mentre quello che si trova sulle terre emerse e va a finire nell’oceano fa crescere questo livello.
I presupposti
Negli ultimi sei anni, cinque ghiacciai antartici hanno raddoppiato la velocità di scioglimento, secondo i dati della National Science Foundation (Nsf) statunitense, che supporta la ricerca in Antartide. Almeno uno di questi, cioè Thwaites, rischia letteralmente di soccombere e sparire completamente a causa della sua instabilità, in un processo che spinge sempre più rapidamente il ghiaccio nelle profondità oceaniche, aumentando i livelli del mare.
Lo studio di oggi
Per capire se e in che modo il ghiacciaio potrebbe effettivamente sparire i ricercatori hanno rappresentato attraverso modelli l’eventuale tracollo di Thwaites in 500 simulazioni, tenendo conto di tutti i fattori e gli scenari possibili, in un periodo che include centinaia di anni a partire da oggi. In generale si tratta di rappresentazioni che non sono proiezioni esatte di quanto avverrà, come chiariscono gli autori, dato che possono esserci fluttuazioni climatiche ad oggi non prevedibili e i dati sono limitati.
In base all’impostazione del modello, i vari scenari indicano che potrebbe manifestarsi un’instabilità del ghiacciaio che può portare all’aggravarsi della situazione. “Dopo aver raggiunto il punto di non ritorno”, chiarisce Helene Seroussi, coautrice dello studio del Nasa Jet Propulsion Laboratory (Jpl), “Thwaites potrebbe perdere tutto il suo ghiaccio in un periodo di 150 anni, il che farebbe salire il livello del mare di circa mezzo metro (1,64 piedi)”.
Attualmente il livello del mare è di 20 centimetri sopra a quello pre-industriale. Basti pensare che fino al tardo ‘800 il livello si era mantenuto stabile e che a partire dal 1990 ha cominciato a salire con una velocità annuale doppia. Il risultato riproduce su scala di centinaia di anni (circa 600, ma potrebbe anche avvenire prima) una situazione potenziale. “Potrebbe accadere in un periodo compreso fra i 200 e i 600 anni a partire da oggi”, aggiunge Seroussi, “dipende dalla topografia del fondale marino al di sotto del ghiaccio, di cui ancora non conosciamo grandi dettagli”.
Da cosa nascerebbe l’eventuale instabilità
La linea di separazione fra la calotta di ghiaccio e il fondale marino è chiamata linea di messa a terra (o grounding line), rappresentata nell’immagine seguente, ed è il bordo in cui la base del ghiacciaio è staccata dal fondo e inizia a galleggiare.
In questa zona in certi casi possono esserci dei punti in cui il basamento roccioso al di sotto del ghiaccio, in prossimità di questa linea, si inclina verso il basso andando verso l’interno. In pratica il fondale regredisce o si ritira, lasciando maggior spazio per galleggiare al ghiaccio. A questo punto in qualche modo si crea una frizione in questa zona di separazione e può manifestarsi un’instabilità, che consiste proprio nella regressione della grounding line.
Quando avviene questa regressione il ghiaccio che perde contatto col terreno (col fondale) si stacca più facilmente in acqua e va a innalzare il livello del mare. Inoltre anche la parte esterna, quella fuori dall’acqua, si assottiglia e si rompe più facilmente. Il problema è che quando inizia, questo processo si ripete, come in un circolo vizioso, conclude Seroussi, portando potenzialmente a crisi più importanti. Insomma, se il processo prende il via va avanti da solo senza necessità di alterazioni climatiche esterne e può arrivare a un punto in cui tutto il ghiaccio si perde nel mare.
Via: Wired.it
Leggi anche su Galileo: L’Antartide ha perso 3mila miliardi di tonnellate di ghiaccio negli ultimi 25 anni
Nel passaggio dal pleistocene all’ olocene gli oceani si sono alzati di oltre 100 m. Processo naturale. I nostri antenati non hanno prodotto CO2. Allora ?
Fare previsioni a 600 anni quando non riusciamo a prevedere il tempo di dopodomani fa un po’ sorridere. La scienza è una cosa seria. Non trasformiamola in una pagliacciata.
Si parla sempre di questo argomento(causa del riscaldamento globale ,ma nessun proveddimmento dagli politici e scienziati della terra.Dobbiamo salvare il nostro pianeta perché siamo noi a distruggerla.