Le basi biologiche della coscienza? E’ una questione di connessioni

Solo pochi mesi fa, la rivista Science festeggiava il suo 125esimo anniversario con un numero speciale che elencava le 125 grandi domande a cui la scienza deve ancora dare una risposta. Al numero 2 della hit parade, subito dopo la composizione dell’Universo, figurava il problema dei problemi delle neuroscienze: “quali sono le basi biologiche della coscienza”? Sul numero di questa settimana, un gruppo di ricercatori in cui spiccano molti nomi italiani prova a dare una risposta, basata su un esperimento particolarmente elegante.

Le teorie della coscienza

Per spiegare la coscienza, ovvero la capacità di riunire gli stimoli provenienti dall’esterno in una “scena” coerente da confrontare continuamente con la memoria, sono state proposte negli ultimi anni diverse teorie. Qualcuno ha suggerito che possa essere una vera e propria funzione localizzata in una precisa regione del cervello, che si occuperebbe appunto di raccogliere e sintetizzare stimoli derivanti da altre aree. Per altri, essa dipenderebbe invece dalla sincronizzazione tra aree sensoriali e mnemoniche: gruppi critici di neuroni, in aree diverse del cervello, scaricherebbero contemporaneamente, dando luogo così a quella integrazione di stimoli che è la coscienza.

Giulio Tononi, oggi professore all’Università del Wisconsin a Madison, propone da alcuni anni una teoria leggermente diversa su quali siano le basi biologiche della coscienza, che sarebbe legata specificamente al sistema talamo-corticale (visto lesioni anche gravissime ad altre parti del cervello non sembrano alterare in alcun modo questa funzione), e più in particolare alla presenza di connessioni tra regioni specifiche di questo sistema, che permettono l’integrazione di informazioni.

Un apparato innovativo per indagare le basi biologiche della coscienza

Per cercare una conferma di questa teoria, i ricercatori del gruppo di Tononi hanno usato come modello il sonno: un momento in cui l’attività del cervello è tutt’altro che assente, ma in cui la coscienza al contrario scompare.

A descriverci la ricerca è Marcello Massimini, ricercatore dell’Università di Milano e collaboratore di Tononi a Madison, tra i firmatari dell’articolo. “Per studiare che cosa distingue l’attività del cervello tra sonno e veglia, abbiamo utilizzato un raffinato apparato sperimentale composto di tre parti. La prima componente dell’esperimento è uno stimolatore magnetico transcranico (Tms), un apparecchio che genera un campo magnetico e che, applicato vicino al cuoio capelluto, crea per induzione una corrente elettrica in un punto preciso del cervello. La seconda è un sistema di navigazione, che riproduce un’immagine tridimensionale del cervello del soggetto e permette di visualizzare dove è localizzato il campo elettrico generato dal Tms. Il terzo elemento, e più importante, è un apparecchio di nuova generazione per l’elettroencefalogramma (Eeg)”. Questo dispositivo permette per la prima volta di misurare in tempo reale l’effetto della stimolazione magnetica sul cervello, perché fino ad ora tutti gli apparecchi Eeg andavano in titl se utilizzati in prossimità di un magnete. Invece, in questo modo è possibile misurare la risposta elettrica del cervello già a 2 millisecondi dallo stimolo.

Questo apparato sperimentale è stato utilizzato per verificare la predizione della teoria di Tononi che, durante il sonno non-Rem – quello in cui non si sogna e in cui la coscienza è completamente annullata – dovrebbero venir meno connessioni tra aree del cervello che durante la veglia sono invece in grado di comunicare. I soggetti dell’esperimento si sono accomodati a tarda notte su accoglienti poltrone, e finché erano ancora svegli i ricercatori hanno applicato a zone della corteccia motoria degli stimoli elettrici con il Tms.

Nel sonno Rem, connessioni interrotte

Come previsto, la perturbazione si estendeva dal sito iniziale ad altre aree del sistema talamo-corticale, continuando a “echeggiare” nel cervello per circa 300 msec, un tempo lungo sulla scala dell’attività elettrica cerebrale. Quando i soggetti si addormentavano naturalmente, la stessa stimolazione veniva ripetuta. Questa volta provocava una attività ancora più pronunciata nel sito interessato, ma questa attività rimaneva localizzata e durava di meno. In pratica si “spegneva” sul posto senza provocare eco in altre aree del cervello, come se i diversi elementi del talamo e della corteccia che prima si parlavano si fossero sconnessi.

“Questo risultato conferma esattamente quanto previsto dalla teoria di Tononi”, spiega Massimini. “Vale a dire: il passaggio dalla coscienza alla non coscienza non ha a che fare con l’attività del cervello in sé, ma con la disconnessione di aree cerebrali che di solito si ‘parlano’”. Il prossimo passo del gruppo sarà uno studio del sonno Rem, in cui in forme strane la coscienza riappare con i sogni. Un aspetto secondario ma estremamente interessante della ricerca è la dimostrazione della potenza di questa tecnica osservativa, che potrebbe un giorno diventare anche uno strumento diagnostico per quelle patologie in cui è proprio la coscienza ad essere compromessa, come la schizofrenia. Un macchinario, spiega Massimini, che è ora presente, tale e quale, anche all’Università di Milano, che conta così di proseguire e rafforzare la sua collaborazione con il gruppo di ricerca di Madison per indagare le basi biologiche della coscienza.

Riferimenti: Breakdown of Cortical Effective Connectivity During Sleep

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