Le visioni apocalittiche di Miguel Benasayag? Bocciate in biologia

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Proiettando nel futuro lo sviluppo tecnologico di oggi, il filosofo psicanalista Miguel Benasayag espone in questo saggio le sue previsioni più o meno apocalittiche. “Dalla Silicon Valley, i nuovi demiurghi fanno balenare davanti ai nostri occhi una esistenza liberata da ogni limitazione, persino dalla morte”, scrive, e tutto questo a condizione di “abbandonare il nostro corpo per assurgere finalmente alla vera vita, trascesa all’interno di circuiti di silicio”. Così, guardando le cose da questo punto di vista, propone di “fare resistenza” stabilendo una nuova alterità tra organismo-corpo e artefatto tecnologico.

L’equivoco con la biologia molecolare

Le sue argomentazioni sulla vita intesa come unità (quindi non parcellizzabile in sistemi digitali) e come singolarità (difficilmente modellizzabile nella varietà dei suoi invarianti), capace di modificare costantemente il suo ambiente trasformandosi a sua volta, sono in realtà perfettamente accordate al più moderno pensiero filosofico biologico, che guarda sia alla complessità dei sintemi in interazione sia alla peculiare complessità dello stesso vivente.

Nel vasto campo di ricerca della biologia molecolare, i risultati non dimostrano affatto, come sostiene polemicamente Benasayag, che viviamo “in un mondo di Lego” strutturato secondo una logica bottom-up in cui componenti elementari si combinano meccanicamente per costruire la struttura del vivente; e persino la moderna epigenetica individua strette relazioni tra le caratteristiche degli ambienti e gli specifici aggiustamenti dei viventi che li compongono. Proprio l’idea che “i corpi esistono” guida la ricerca medico-biologica verso le terapie più appropriate imparando a modellizzare funzioni o disfunzioni specifiche integrate nel funzionamento complessivo degli organismi.

A volte sembra che la critica di Benasayag contro la biologia molecolare sia del tutto ideologica, sostenuta da superficialità o scarsa conoscenza del tema, o addirittura da una interpretazione sintetica e letterale di argomenti la cui complessità occupa volumi di pubblicazioni (e miliardi spesi in ricerche). Per esempio, è superficiale contestare la frase “da sussidiario” che dice che la forma e la tipologia delle proteine sono codificate nel DNA e immaginare che i biologi non sappiano che “è in seguito a processi fisico chimici complessi, che interagiscono con il DNA nell’ambito di particolari condizioni epigenetiche, che vengono sintetizzate determinate proteine” (e la definizione del processo potrebbe essere anche molto molto più complessa).

Un nuovo modello organico: il Mamotreto

Per evocare il senso del vivente e ri-sacralizzare la vita, Benasayag propone un nuovo modello organico, chiamato Mamotreto, “in grado di evocare il funzionamento del vivente inteso come insieme integrato e non riducibile agli elementi e ai processi da cui è composto”. Ma, in un certo senso, questo nuovo modello ripropone le idee di complessità sviluppate con molta maggior competenza proprio dalle più moderne ricerche biologiche. E d’altra parte, proprio postulando l’importanza della relazione dinamica tra vivente e ambiente, potrebbe anche darsi che il vivente integrato in un mondo tecnologico veda obsolete le modalità della vita di oggi così come noi vediamo non adatte alla nostra quotidianità la pratica di cacciare cervi nel parco del re, sia pure per venderli per denaro.


Il Mamotreto presenta una struttura a tre strati: quello inferiore, caratterizzato da strutture dissipative termodinamiche, comprende i processi fisico-chimici che, attraverso una barriera trasduttiva, permettono di accedere al secondo strato, il campo biologico autopoietico caratterizzato da continuità organica e da forme enattive (la citazione a Francisco Varela è d’obbligo) che generano immagini cerebrali. Questo secondo strato, attraverso un’altra barriera trasduttiva, comunica con il terzo, quello dei super-organismi o dei misti, che comprendono la lingua, la scrittura, la matematica la tecnica, l’urbanistica, la macroeconomia… caratterizzati da vincoli strutturali sistemici loro propri, talvolta in conflitto con i vincoli strutturali propri delle loro componenti. Sviluppando l’analisi di questi macro-organismi (o misti) il contributo di Benasayag è rivolto a mettere in luce l’esigenza di una cultura non modulare che invece, secondo lui, viene oggi suddivisa in semplici parti da assemblare in funzione di interessi extra organici.

Il potere del linguaggio

La concezione di Benasayag sulla lingua che “cattura” gli organismi integrandosi nella loro esistenza e condizionandola alle sue regole è discussa da Giuseppe Longo nella lunga postfazione. Il linguaggio rappresenta quello che in matematica si indica come “transizione critica”, e riorganizza secondo le sue regole i legami della specie parlante con il suo mondo. L’interazione del linguaggio con il gesto e il disegno è alla base della geometria e della matematica e costruisce pensiero all’interno della comunità comunicante. In questo contesto di interazione col mondo vanno situati i moderni computer, da integrare nella nostra cultura in modo che non diventino strumenti di dispersione, frammentazione e perdita di senso dell’umano ma, conclude Longo, vengano piuttosto subordinati alla nostra umanità che può trarne arricchimenti.

Illustrazione di Wolfgang Eckert da Pixabay