Forse in futuro Babbo Natale dovrà adottare un mezzo di trasporto alternativo e rassegnarsi a lasciare la sua slitta a renne in garage. L’Arctic Report Card 2018, il rapporto annuale sulle condizioni dell’Artico rilasciato dagli esperti del National Oceanographic and Atmospheric Administration (Noaa), infatti, parla chiaro: le renne e i caribù selvatici stanno scomparendo. I dati dei monitoraggi indicano che la popolazione complessiva di questi magnifici animali si è più che dimezzata negli ultimi 20 anni. E le previsioni per il futuro non sono buone.
Secondo le stime del Noaa, renne e caribù selvatici sono diminuiti del 56% nell’ultimo ventennio, passando cioè da 4,7 a 2,1 milioni di esemplari. Delle 23 mandrie conosciute, praticamente tutte ormai sono considerate a rischio. Solo la mandria di Porcupine, che si sposta tra Alaska e Canada, sembra essere riuscita a mantenere inalterate le proprie dimensioni. Così come quella di Lena-Olenyk in Russia, anche se il suo ultimo monitoraggio è datato al 2009.
Gli esperti non ci girano intorno: è il cambiamento climatico di origine antropica a modificare così profondamente l’Artico, mettendo a repentaglio l’ecosistema, piante e animali, esseri umani compresi. Le temperature dell’aria nell’Artico tra il 2014 e il 2018 hanno raggiunto valori mai registrati prima e il caldo anomalo sta lasciando il segno. Alcune zone dell’Artico stanno registrando, per esempio, periodi di siccità che modificano la composizione della vegetazione, con le piante a fusto più alto che stanno prendendo il sopravvento sui licheni della tundra, il cibo preferito dalle renne.
Altre volte invece è la pioggia a costituire un grosso problema: l’acqua che bagna il terreno innevato si trasforma infatti in ghiaccio e va a formare uno strato molto duro che impedisce a renne e caribù di nutrirsi.
Sempre al caldo eccessivo è da ricondurre l’aumento degli insetti e dei parassiti nelle regioni artiche, così come una maggiore diffusione delle malattie. Oltretutto lo stress da calore causa un indebolimento degli animali, che risultano più vulnerabili e meno resistenti alla fame. “In tutti gli anni in cui abbiamo pubblicato questa pagella dell’Artico, abbiamo constatato la persistenza del riscaldamento del clima”, ha commentato Emily Osborne, manager dell’Arctic research program. “Prevediamo che le temperature continueranno a salire, contribuendo a eventi meteorologici estremi in altre parti del mondo”.
Riferimenti: Arctic Report Card 2018; Arctic research program
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