Cambiamento climatico, le novità da Stoccolma

Si sentirà parecchio parlare di clima e riscaldamento globale, questa settimana. Dopo cinque anni di fughe di notizie, climategate e accesi dibattiti, eccoci finalmente all’appuntamento con l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), l’organizzazione scientifica che elabora i dati su cui si basano le trattative politiche sul clima a livello mondiale. L’Ipcc è infatti in delegazione in questi giorni a Stoccolma per presentare la prima parte (di tre) del suo quinto, attesissimo rapporto (le altre due parti verranno rese note rispettivamente a marzo e ad aprile 2014, e la sintesi finale è attesa per ottobre 2014).

Succederà venerdì 27 settembre, ma prima di quella data la bozza sarà discussa, riga per riga, davanti ai rappresentati di 195 governi. Bbc News ha dato un’occhiata a quel documento e in due articoli ne anticipa le questioni principali e i punti critici.

Il fattore umano
A quanto pare, gli scienziati dell’Ipcc – 209 autori principali, 600 che hanno inviato contibuti e 50 revisori di 39 nazioni – sono sempre più convinti del ruolo centrale delle attività umane, in particolare dell’uso deicombustibili fossili, nell’ innalzamento delle temperature medie. Nel precedente rapporto, quello del 2007, si affermava: “la maggior parte dell’aumento osservato nelle temperature medie dalla metà del 20esimo secolo è molto probabilmente dovuto all’aumento della concentrazione dei gas serra di origine antropica”. In quest’ultimo, le dichiarazioni sono più assertive: “Il panel si dice certo al 95% che l’influenza umana sul clima abbia causato più della metà dell’aumento delle temperature medie superficiali osservato tra il 1951 e il 2010”, riporta la Bbc.

La pausa dal 1998
C’è un però a cui il panel dovrà ribattere: le temperature medie da record registrate nel 1998 non sono più state superate. Come si spiega questa fenomeno se sono davvero le attività umane le responsabili del riscaldamento? La polemica risale al 2007, ma sembra che ancora non vi sia accordo tra gli scienziati su una risposta. Si tratta di una questione centrale, che probabilmente terrà banco a Stoccolma, perché i politici chiedono invece una spiegazione chiara e convincente. Lo ha ricordato Arthur Petersen, a capo del comitato scientifico della Netherlands Environmental Assessment Agency e parte della delegazione olandese che analizzerà il rapporto: “Le spiegazioni che i governi vogliono probabilmente non coincidono con quelle che la scienza può dare”. È quasi certo, quindi, che su questo punto assisteremo a un braccio di ferro. Fino a oggi sono state prese in considerazione diverse ipotesi per spiegare il plateau di temperature che segue il 1998. Una di queste chiama in causa il ruolo degli oceani come accumulatori di calore. Purtroppo, per come viene elaborato durante i cinque anni, il rapporto non può tenere conto degli ultimissimi studi sul fenomeno (come su altre questioni): una critica che la scorsa settimana è stata mossa anche da Nature. Di fatto, su questo punto il panel potrebbe non essere preparato a rispondere ai decisori politici.

Le nuove stime sulla temperatura
I dati presenti nella bozza del rapporto mostrano effettivamente che il ritmo del riscaldamento globale negli ultimi 15 anni (1998-212) è più lento rispetto a quello del periodo precedente. Proprio per questo, le stime per le temperature future appaiono più caute, come già aveva fatto notare il New York Times. Nel 2007 si prevedeva che nei prossimi 100 anni le temperature medie sarebbero potute aumentare tra i 2 e i 4,5 gradi centigradi: la stima più probabile vedeva un aumento di 3 gradi. Dal prossimo 27, il range sarà probabilmente più ampio, e il limite inferiore più basso.

Le nuove stime del livello degli oceani
Nel 2007 l’Ipcc era stato fortemente criticato per le sue stime sull’ innalzamento del livello del mare. I suoi calcoli indicavano un aumento dai 18 ai 59 centimetri entro la fine del secolo, essenzialmente dovuto allo scioglimento dei ghiacciai. I nuovi calcoli non si allontanerebbero in modo drammatico dalle precedenti, stando a David Vaughan del British Antarctic Survey (Bas), sebbene si prospetti un +10 centimetri in media rispetto alle vecchie stime. Quello che è cambiato, spiega l’esperto, è soprattutto il livello di confidenza: le analisi, cioè, sarebbero più precise. Anche su questo punto, però, si attende il confronto, soprattutto con i modelli più sperimentali.

Cosa succede al Polo Nord?
Il futuro degli orsi polari non appare più roseo di quanto non si prospettasse cinque anni fa. Nell’Artico i ghiacciai stanno perdendo massa: in Groenlandia (che da sola potrebbe provocare l’innalzamento dei mari di sei metri) la perdita di ghiaccio tra il 2002 e 2011 sarebbe cresciuta del 600%, e il livello del mare continua ad aumentare del 1,8% ogni decade dal 1979. Nonostante il plateau dal 1998, qui sembra che le cose stiano precipitando molto velocemente.

Via: Wired.it

Credits immagine: NASA Goddard Photo and Video/Flickr

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