C’è una nuova variante omicron

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Immagine di PIRO4D via Pixabay

Qualcuno la chiama la variante “invisibile”, traducendo il termine inglese stealth. Ma la “nuova” variante omicron, chiamata BA.2 per distinguerla dalla sorella “originale” B.1.1.529 (ora ribattezzata BA.1), non è davvero invisibile. I tamponi molecolari la riconoscono come Sars-Cov-2, ma non la distinguono da altre varianti di coronavirus. Per farlo serve sequenziare il genoma. Un’informazione importante per chi studia le dinamiche del coronavirus e per chi tenta di capire l’origine delle varianti, e che potrebbe risultare cruciale qualora omicron BA.2 si comportasse diversamente da BA.1. Al momento, però, per chi sottoposto a tampone risultasse positivo, non cambia nulla.


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Omicron BA.2

Il 7 dicembre alcuni ricercatori segnalano di aver trovato in qualche paziente infettato dal coronavirus in Sudafrica, Australia e Canada un’altra variante di Sars-Cov-2, molto simile a omicron ma con alcune variazioni: alcune mutazioni tipiche di omicron mancano, mentre ce ne sono di nuove. A seguito di ciò, la variante omicron B.1.1.529 viene rinominata per permettere di distinguere le sue due versioni, chiamate BA.1 (“l’originale”) e BA.2.

La mutazione mancante

Una delle mutazioni che mancano a omicron BA.2 è la delezione 69/70 sul gene S, uno dei tre geni impiegati da molti tamponi molecolari per confermare la presenza del coronavirus. Un’assenza che non inficia il risultato del test, ma che, in caso sia positivo, non permette di sapere da quale variante è stato infettato il paziente. Per averne certezza bisogna aspettare il risultato del sequenziamento del genoma.

Molti test molecolari (non tutti) vanno alla ricerca di tre geni del coronavirus: se li trovano vuol dire che il paziente ha un’infezione da Sars-Cov-2 in corso. Alcune varianti, però, hanno mutazioni su questi geni che fanno sì che il test molecolare riveli la presenza di due geni su tre, per esempio. È il caso delle infezioni da parte della variante omicron BA.1 (ma anche di alfa), i cui tamponi risultano negativi per il gene S (un fenomeno che gli esperti chiamano dropout del gene S e che consente di catalogare il caso come possibile contagio da omicron ancor prima degli accertamenti sul genoma). Per BA.2 non è così, per questo non si può distinguere con solo tampone molecolare da altre varianti di Sars-Cov-2, ma serve il sequenziamento del genoma – un procedimento che richiede più tempo.

Le incertezze sull’omicron

Se già sapevamo poco dell’omicron “originale”, ancor meno sappiamo della nuova omicron. BA.2 ha di certo differenze genetiche rispetto a BA.1, ma gli esperti non sono in grado di dire come potrebbero tradursi, cioè se avrà caratteristiche diverse in termini di diffusione o di gravità della malattia. Insomma, è davvero troppo presto per esprimersi.

Alla luce dell’emergere di due lignaggi così simili ma allo stesso tempo diversi, alcuni scienziati stanno rivalutando le ipotesi sull’origine di omicron. L’idea che aveva trovato più spazio fino a questo momento era che omicron potesse essersi evoluta all’interno di una persona immuno-compromessa, che ha covato l’infezione per tanto tempo dando magari la possibilità al virus di ricombinarsi con altri. Adesso però c’è chi ritiene altrettanto se non addirittura più probabile l’ipotesi della zoonosi, cioè che Sars-Cov-2 abbia infettato qualche animale, abbia acquisito un numero considerevole di mutazioni nuove e poi sia risaltato all’essere umano.

Via: Wired.it