Cibo, nel cervello i segreti del gusto

Salato, amaro, aspro, dolce e umami (cioè saporito come la carne). Sono queste le cinque categorie sensoriali con cui viene descritto tutto quello che mangiamo. Ma da dove ha origine il gusto? Già nella lingua o a un livello superiore, come nel cervello? Secondo uno studio della Columbia University, pubblicato su Nature, sarebbe proprio il nostro cervello a stabilire il sapore dei cibi tramite una rete di neuroni specializzati.

Gli scienziati hanno utilizzato alcuni topi geneticamente modificati in modo che le loro cellule nervose (i neuroni gustativi) diventassero fluorescenti quando attivate. Facendo assumere agli animali alcune sostanze in grado di simulare uno dei cinque gusti, è stato possibile evidenziare gli specifici gruppi di neuroni sensoriali che reagiscono ai diversi stimoli e che fanno parte di una vera e propria rete di connessioni tra la lingua e il cervello. “Le cellule erano meravigliosamente sintonizzate in classi gustative individuali”, ha affermato alla Bbc Charles Zucker, che ha partecipato allo studio: “In questo modo, si ha una bella corrispondenza tra la natura delle cellule nella nostra lingua e ciò che esse rappresentano nel cervello”. In altre parole, ogni gusto ha il suo neurone (o meglio gruppo di neuroni).

Il team di ricerca è così riuscito a smentire definitivamente due teorie: il vecchio luogo comune secondo cui le papille gustative sarebbero organizzate in zone sensoriali ben distinte (ad esempio, dolce sulla punta della lingua e amaro alla base) e l’idea che le cellule cerebrali possano reagire a più stimoli gustativi. In realtà, ognuna delle circa 8000 papille della nostra bocca contiene gruppi di cellule in grado di riconoscere ciascuno dei cinque sapori e trasmettere l’informazione a neuroni altamente specifici. Resta ancora da scoprire come faccia il cervello a elaborare questi stimoli.

Lo studio infine apre le porte al trattamento dei deficit gustativi, che interessano particolarmente gli anziani. Nella lingua vengono infatti prodotte periodicamente nuove cellule gustative, ma questo meccanismo si indebolisce progressivamente con l’avanzare dell’età. “Queste scoperte forniscono una via interessante per far fronte a tali problemi”, conclude Zucker, “perché permettono di avere una chiara comprensione di come funziona il gusto, in modo che si possano immaginare modi per potenziare ulteriormente questa funzione”.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature13873

Credits immagine: jacinta lluch valero/Flickr CC

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