Così i funghi minacciano la biodiversità

Chi l’avrebbe mai detto: il 65 per cento delle estinzioni di specie animali e vegetali avvenute negli ultimi due decenni non è imputabile agli esseri umani (almeno non direttamente) bensì ai funghi. È quanto afferma un gruppo di ricerca coordinato da Matthew Fisher dell’Imperial College di Londra, in uno studio pubblicato su Nature. Se finora erano considerati un problema esclusivamente agricolo, a causa della loro patogenicità per le colture alimentari, adesso si comincia a capire che l’impatto dei funghi sull’ambiente è ben più ampio. E solo monitorando la diffusione delle infezioni fungine e intervenendo preventivamente si potranno evitare conseguenze ancora peggiori per la biodiversità.

Il danno arrecato dai funghi patogeni ad alcune delle più importanti colture alimentari è ben quantificato: ogni anno vengono distrutte mediamente 125 milioni di tonnellate di mais, grano, riso, patate e soia. Con ovvie ripercussioni in campo alimentare: solo per fare un esempio, le perdite registrate tra il 2009 e il 2010 sarebbero bastate per dare da mangiare a quasi 600 milioni di persone. Il problema, naturalmente, è anche economico. Le patologie arrecate dai funghi alle sole colture di riso, grano e mais costano all’agricoltura circa 46 miliardi di euro ogni anno.

Sul fronte ambientale, lo scenario non è migliore. Dando un’occhiata ai dati raccolti da ProMED e HealthMap, agenzie internazionali specializzate nel monitorare la comparsa e diffusione di nuove patologie, i ricercatori hanno scoperto che oltre 500 specie di anfibi e alcune specie di api, tartarughe marine, pipistrelli e coralli sono seriamente minacciate da funghi patogeni. Un trend in crescita, per gli animali come per le piante: dal 1995 al 2010, le infezioni fungine sono cresciute dall’1 al 7 per cento. Un problema per la biodiversità ma anche per il riscaldamento globale. La moria o il danneggiamento di alberi causati dai funghi si traducono in circa 230-580 milioni di tonnellate di CO2 che non vengono assorbite dalla vegetazione e contribuiscono ad arricchire la cappa atmosferica che ci sta surriscaldando.

Risalendo alla radice del problema, si scopre tuttavia che le cause sono sempre riconducibili all’essere umano. I viaggi e il commercio hanno contribuito alla diffusione delle malattie fungine su scala mondiale a partire dalla metà del Ventesimo secolo. Per questo, avvertono i ricercatori, la comunità internazionale deve impegnarsi ad aumentare i controlli alle frontiere sui prodotti di origine animale e vegetale (possibili veicoli di malattie) e a stanziare risorse per prevenire l’ulteriore diffusione di nuove infezioni.

via wired.it

Credit immagine: Matthew Fisher

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