Le coste a sud del continente asiatico corrono un grave rischio ambientale. Più di ogni altra regione al mondo. E’ quanto emerge da un rapporto dell’Environment Programme delle Nazioni Unite (Unep), stilato in seguito al Summit mondiale per lo sviluppo sostenibile (WSSD), che si è svolto in Sud Africa lo scorso settembre. La minaccia è dovuta agli scarichi indiscriminati di liquami che stanno danneggiando irreparabilmente la salute delle popolazioni locali, l’habitat marino e l’industria ittica. Secondo l’Unep, 825 milioni di persone nell’Asia del sud sono a rischio di gravi malattie e perfino di morte a causa delle condizioni igieniche delle acque di scarico. Il fenomeno sta colpendo in misura minore anche le coste dell’est asiatico e a nord-ovest del Pacifico. “Un modo per affrontare la questione”, afferma Klaus Toepfer, direttore esecutivo dell’Unep, “è quello di stabilire dei limiti, realistici ma ambiziosi, per il rilascio delle acque di scarico, come è avvenuto in molti Paesi per le emissioni industriali di sostanze chimiche o gas tossici”. “Nel frattempo però”, va avanti Toepfer, “esistono mezzi immediati e a basso costo in grado di portare enormi miglioramenti”. Per esempio i canneti e le mangrovie di palude, che in passato sono stati prosciugati per fare spazio a terreni agricoli o ad altre attività, non solo formano un habitat di grande importanza ecologica per la vita di innumerevoli specie di uccelli e pesci, ma costituiscono anche un sistema di filtraggio naturale delle acque inquinate. Il primo passo nella riduzione dell’inquinamento costiero sarebbe quindi la salvaguardia di questi habitat. (s.t.)