Covid-19, nuovi dati accusano l’inquinamento

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Immagine di  JuergenPM via Pixabay 

Sono sempre di più le prove che indicano il legame tra inquinamento atmosferico e il coronavirus. E oggi ne arriva un’altra: un nuovo studio dei ricercatori dell’Università di Harvard, infatti, suggerisce che le persone che sono esposte agli inquinanti atmosferici per lunghi periodi di tempo potrebbero avere maggiori probabilità di morire per la Covid-19. Sebbene i dati disponibili consentano solo di stabilire delle associazioni e siano necessari ulteriori studi per dimostrare una relazione di causa-effetto, gli esperti sostengono comunque che le informazioni a disposizione siano ora abbastanza forti per poter affermare che i livelli di inquinamento sono un fattore chiave per la gestione della pandemia. Lo studio è stato pubblicato sulle pagine di Science Advances.

Come vi avevamo raccontato, la maggior parte degli scienziati sostiene da tempo che sia molto probabile che l’inquinamento atmosferico aumenti il numero e la gravità dei casi da Covid-19. Sappiamo infatti che respirare aria inquinata per un lungo periodo di tempo aumenta il rischio di soffrire di malattie cardiache e polmonari, patologie che peggiorano le infezioni da coronavirus, mentre un’esposizione a breve termine all’inquinamento porta a un maggior rischio di infezioni polmonari acute. Per poter confermare la relazione tra inquinamento atmosferico e Covid-19, tuttavia, sarebbe necessario valutare un gran numero di pazienti positivi al coronavirus a livello individuale, in modo da poter prendere in considerazione tutti i diversi fattori, tra cui l’età, la storia clinica, il fumo e molte altre caratteristiche. Questi dati, però, non sono ancora disponibili e, data l’urgenza della pandemia, i ricercatori si servono delle informazioni provenienti da gruppi di persone.

Nel nuovo studio, che ha coinvolto oltre 3mila contee degli Stati Uniti, è emerso che un leggero aumento dell’esposizione media a lungo termini agli agenti inquinanti, ovvero le polveri sottili, ha aumentato il rischio di mortalità per il coronavirus. In particolare, i ricercatori hanno esaminato in ciascuna contea i tassi di mortalità per il coronavirus, confrontandoli poi con le concentrazione giornaliere di Pm 2,5 stimate negli Stati Uniti nel periodo tra il 2000 e il 2006. Dalle analisi è emerso che un leggero aumento dell’inquinamento atmosferico, pari a un microgrammo per metro cubo, è associato a un aumento nel tasso di mortalità per Covid-19 dell’11% in ogni contea. “Abbiamo una quantità enorme di studi sugli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento da particelle fini, quindi anche senza la Covid-19 dovremmo attuare una regolamentazione più rigorosa”, commenta Francesca Dominici, che ha guidato la ricerca e che è stata anche ospite al Wired Next Fest. “Ma ora anche la quantità di prove relative al coronavirus è abbastanza grande per attuare strategie mirate su quelle aree più vulnerabili”. Come per esempio ridurre l’inquinamento e aumentare sia l’assistenza sanitaria che disponibilità di Dpi, suggerisce l’esperta. “Ci sono molte prove che ci fanno pensare che un virus che attacca i polmoni e causa una polmonite virale potrebbe diventare più mortale se i polmoni sono già compromessi dall’inquinamento atmosferico”.

Il dato interessante, quindi, è che anche piccole differenze nei livelli di inquinamento sembrano essere collegate a livelli significativamente più alti di Covid-19, commenta al Guardian Mark Miller, esperto dell’università di Edimburgo. “Anche se questo studio è stato condotto negli Stati Uniti, non c’è motivo di credere che una situazione simile non si sia verificata nel Regno Unito o in qualsiasi altra parte del mondo”. Infatti, come ricorda il giornale, un altro studio pubblicato recentemente sulla rivista Cardiovascular Research, ha calcolato la percentuale di morti per Covid-19 attribuibili all’esposizione a lungo termine alle particelle fini, pari al 15%. Secondo le stime, il 27% dei decessi per coronavirus in Cina sono attribuibili all’inquinamento atmosferico, il 19% in Europa (15% in Italia) e il 17% negli Stati Uniti. “Sebbene sia molto probabile il legame tra inquinamento atmosferico e mortalità da Covid-19, è prematuro tentare di quantificarlo con precisione”, commenta Anna Hansell, dell’Università di Leicester. “Tuttavia, ci sono molte altre buone ragioni per agire ora e ridurre l’inquinamento atmosferico, che l’Oms già collega a 7 milioni di morti all’anno in tutto il mondo”.

Via: Wired.it

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