Salute

Cosa succede nel cervello di chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo

Lavarsi le mani di continuo, anche se sono già pulite. Tornare indietro a controllare se la porta, la macchina, il gas, sono chiusi, anche se lo sono già. Una, due, tre, quattro volte, a ripetizione. Il disturbo ossessivo compulsivo (o meglio, i disturbi ossessivo compulsivi) sono pensieri intrusivi che condizionano la vita di chi ne soffre, spingendoli a comportamenti ripetitivi che hanno il solo scopo di placare l’ansia, anche se in realtà non riescono mai a farlo, ne danno solo l’illusione momentanea. Cosa scatena questi comportamenti?

Le ipotesi

Sono diverse e parlano di predisposizione genetica – è più facile soffrirne se ne è già colpito un famigliare – ma anche di eventi stressanti e traumi sperimentati nel corso della propria vita. Ma anche alcuni tratti della personalità, come un elevato senso di responsabilità e meticolosità, sono stati associati al rischio di disturbo ossessivo compulsivo (Doc). Dal punto di vista biologico, invece, l’ipotesi è che nel cervello succeda qualcosa, qualche anomalia, a livello di struttura e funzione, che possa spiegare il comportamento di chi soffre di Doc. E sono sempre di più le evidenze che portano a credere che possa essere davvero così.

L’ultima è quella che arriva da Cambridge, dove il team guidato da Trevor Robbins del Dipartimento di psicologia, grande esperto di Doc, ha scoperto che i disturbi ossessivo compulsivi possono essere ricollegati allo sbilanciamento di alcuni neurotrasmettitori nel cervello, i messaggeri chimici che i neuroni utilizzano per comunicare. L’ipotesi che qualcosa nel modo con cui i neuroni comunicano potesse andar storto nei disturbi è nota da tempo, tanto che tra le terapie utilizzate contro il Doc vengono utilizzati farmaci che inibiscono la ricaptazione della serotonina (un altro neurotrasmettitore), così da aumentarne i livelli. Ma come spiegano gli autori su The Conversation questi trattamenti funzionano solo nella metà dei pazienti. Deve esserci dell’altro, e dell’altro effettivamente c’è, come raccontano oggi su Nature Communications.

Disturbi ossessivo compulsivi, le regioni del cervello coinvolte

“Molto era già noto sui sistemi neurali coinvolti nel Doc, meno sui cambiamenti molecolari, che sono stati più difficili da misurare e il nostro studio ha contribuito ad aumentare proprio questa conoscenza”, racconta a Wired Robbins. “Alcuni risultati precedenti avevano dimostrato che la corteccia cingolata anteriore non funziona correttamente nel disturbo ossessivo compulsivo – in effetti, pazienti molto gravi scelgono persino di sottoporsi a un intervento neurochirurgico per rimuoverla e questo ha mostrato di avere qualche beneficio. Anche l’area motoria supplementare (SMA) ha un’attività anomala nei pazienti con DOC e nei loro parenti”.

Entrambe le regioni, spiega infatti Robbins, sono coinvolte nella produzione delle azioni: “La corteccia cingolata anteriore monitora la relazione tra le azioni e i loro risultati, ed è parte del sistema neurale che produce il comportamento finalizzato, comprese le decisioni in scenari di scelta. La SMA invece è implicata nella coordinazione delle sequenze di azioni motorie e pensiamo abbia un ruolo nella produzione di sequenze ben addestrate e automatiche, come le abitudini. Queste funzioni sono ovviamente importanti nel disturbo ossessivo compulsivo, dove pensiamo che ci sia una propensione al controllo del comportamento da parte del sistema delle abitudini”. E proprio qui, in queste regioni, succede qualcosa a livello molecolare: uno sbilanciamento nei livelli di alcuni neurotrasmettitori.

Doc come sbilanciamento di due neurotrasmettitori

I ricercatori hanno utilizzato una tecnica di imaging (spettroscopia protonica di risonanza magnetica) che consente di misurare i livelli di alcune sostanze, in questo caso di due neurotrasmettitori (il glutammato e l’acido gamma amminobutirrico o GABA) nella corteccia cingolata anteriore e nell’area motoria supplementare. Lo hanno fatto su un campione di circa 60 persone, metà con Doc diagnosticato e metà senza. Gli scienziati hanno anche raccolto dei dati, clinici e autoriferiti dai partecipanti, e condotto dei test per misurare la compulsività e la capacità di adottare comportamenti finalizzati o abitudinari. È in questo modo che hanno scoperto l’esistenza di uno sbilanciamento chimico nelle zone analizzate e delle correlazioni tra comportamenti e livelli dei neurotrasmettitori.


Intestino e cervello comunicano in modo istantaneo


Nel dettaglio, nelle persone con Doc, nella corteccia cingolata anteriore i livelli di glutammato erano più elevati e più bassi erano quelli di GABA e di conseguenza si aveva un rapporto più elevato tra glutammato e GABA. Questo potrebbe rendere questa regione troppo attiva, spiegano gli autori, in virtù proprio del ruolo opposto di questi neurotrasmettitori: l’uno eccita, l’altro inibisce la comunicazione neuronale.“Il glutammato è un messaggero chimico che eccita i circuiti nervosi, soprattutto nella corteccia, quel mantello esterno del cervello così ben sviluppato negli esseri umani, responsabile della formulazione e del controllo del pensiero e del comportamento – spiega Robbins – Al contrario, il GABA è un neurotrasmettitore che inibisce questi circuiti. Quindi l’eccitabilità di questi circuiti è influenzata dal relativo equilibrio di questi neurotrasmettitori che a sua volta ne determineranno l’efficienza del funzionamento”. I ricercatori hanno inoltre osservato dei collegamenti tra segni clinici e tratti di compulsività e livelli di glutammato nell’area motoria supplementare, anche per chi non aveva un Doc.

Dai farmaci alla stimolazione magnetica contro il Doc

Quando osservato, precisano gli autori, per ora è solo a livello di studi di correlazione e non di causa-effetto, ma se confermato potrebbe essere sfruttato clinicamente. Si potrebbe infatti utilizzare questo sbilanciamento chimico come una sorta di marcatore del Doc, ma potrebbe anche diventare un target terapeutico. Per farlo i ricercatori immaginano diverse strategie, a partire da quelle farmaceutiche.“Esiste una classe di farmaci chiamati agonisti del recettore mGluR2 che possono essere utilizzati per regolare/ridurre l’attività delle cellule nervose con il glutammato”. Questi farmaci aiuterebbero a regolare i livelli di glutammato. “Sono stati utilizzati in precedenza in studi clinici con la schizofrenia e si sono rivelati sicuri con pochi effetti avversi, ma non hanno funzionato molto bene per ridurre i sintomi nella schizofrenia cronica, probabilmente per diversi motivi – riprende Robbins – Tuttavia, questi farmaci non sono ancora stati testati nel disturbo ossessivo compulsivo e stiamo cercando di raccogliere fondi per farlo”.

Oltre alle strategie farmaceutiche, la scoperta apre scenari terapeutici anche sul fronte della stimolazione cerebrale, conclude l’esperto. “Anche altri trattamenti, come l’uso non invasivo della stimolazione magnetica transcranica – in cui una bobina si posiziona sul cuoio capelluto – potrebbero aiutare a regolare l’equilibrio tra eccitazione e inibizione in specifici circuiti cerebrali. E forse anche la terapia cognitivo-comportamentale”.

Via: Wired.it

Credits immagine: ivabalk da Pixabay

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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