Europa divisa dai neutroni

Ognuno per sé e nessuno per tutti. Potrebbe essere questo il motto di alcuni fra i più importanti paesi europei si accingono ad andare ognuno per la sua strada, in materia di “scienza dei neutroni”. Così la decisione di non finanziare un progetto unico in materia di sorgenti di neutroni rischia di far perdere all’Europa il controllo di una delle aree della ricerca scientifica nelle quali detiene ancora un primato incontrastato: l’utilizzo dei neutroni come sonde per la ricerca. Uno strumento di cui si avvalgono circa cinque mila ricercatori europei.

Con i neutroni si fa di tutto. Investendo campioni di materia con queste particelle, gli scienziati riescono a capire “dove stanno gli atomi e cosa fanno”, come recita la motivazione del premio Nobel conferito nel 1994 a Clifford G. Shull e Bertram N. Brockhouse, per i progressi realizzati nelle tecniche d’indagine a neutroni. I campioni che si possono esporre all’irraggiamento sono infiniti: sostanze chimiche complicate, materiali sconosciuti, tessuti viventi. Grazie a questa tecnologia sono stati osservati il movimento serpentino dei polimeri nelle sostanze plastiche e la struttura dei superconduttori ad alta temperatura critica. Le particelle “tuttofare” vengono prodotte per “spallazione”. Un processo che accelera i protoni proiettandoli contro un bersaglio metallico, dal quale grazie all’impatto vengono strappati i neutroni da utilizzare per la ricerca.

Di sorgenti di neutroni l’Europa ne possiede diverse, e di una qualità tale da non aver pari nel mondo. Ma almeno da dieci anni è emersa la necessità di realizzare una nuova sorgente che raggiunga la potenza dei megawatt. Stati Uniti e Giappone si sono mossi subito e avranno le nuove macchine intorno al 2006. Il progetto Europeo è invece più ambizioso: una macchina che arrivi a 10 megawatt – la European spallation source (Ess) – e che mantenga il baricentro della ricerca in Europa. Ma non è stato ancora approvato. Anzi, il ministro della Ricerca scientifica tedesco Edelgard Bulmahn ha affermato alla fine dello scorso gennaio che l’investimento di 1,4 miliardi di euro richiesto per la realizzazione dell’Ess è superiore alle possibilità del budget per la ricerca scientifica del suo paese. Argomentazioni analoghe sono state espresse in forma non ufficiale anche da Francia e Gran Bretagna, le altre due nazioni che insieme alla Germania contribuiscono in misura maggiore al finanziamento del progetto. Prese di posizione che hanno portato l’European Strategy Forum on Research Infrastructures a redigere un documento in cui si dichiara laconicamente che “non c’è supporto sufficiente fra gli Stati membri della Unione europea per la realizzazione dell’Ess”.

”Questo atteggiamento ci lascia esterrefatti”, commenta Robert Cywinsky del comitato scientifico dell’Ess, “validità scientifica e vantaggi economici del progetto sono stati illustrati in una lettera firmata da diversi premi Nobel”. Ma i governi europei sembrano non aver preso in considerazione l’appello degli scienziati. Il problema è che in Europa non c’è un unico organismo politico che programma la ricerca, ma 17, uno per ogni paese che aderisce al progetto. Chiarisce il concetto Peter Tindemans, del consiglio direttivo dell’Ess: “Il progetto richiede un cambio di mentalità, da uno schema di finanziamento nazionale a uno europeo. E un piccolo sacrificio: ridurre gli investimenti nelle sorgenti di ciascun paese per realizzarne una comune”. Ma questo salto di qualità non sembra interessare paesi del calibro di Germania e Gran Bretagna. Che hanno investito i fondi, che sarebbero potuti andare all’Ess, rispettivamente per il reattore nucleare di Monaco di Baviera e per rimettere a nuovo la sorgente di neutroni Isis nei pressi di Oxford. La Gran Bretagna, in particolare, non è contraria alla sorgente europea, ma è disposta a temporeggiare finché non si deciderà di costruirla sul suo territorio. Ma i tempi di costruzione richiederebbero una rapida approvazione, al massimo entro il 2004. E una speranza c’è ancora: “La comunità scientifica richiede a gran voce questa sorgente, e diverse comunità locali sarebbero liete di ospitarla”, afferma Cywinsky. Sia Selby nel Regno Unito che Sachsen-Anhalt in Germania sono state indicate come possibili sedi dell’Ess e potrebbero fare pressione sui governi nazionali affinché non abbandonino il progetto.

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