Hiv: arriva la Prep a lunga durata, ma non la versione generica

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(Foto: Mika Baumeister on Unsplash)

Il 20 dicembre 2021 è stata una data da ricordare nella lotta contro l’Hiv. In quella data la Food and drug administration (Fda), l’ente statunitense che regola il settore farmaceutico, ha approvato il primo farmaco iniettabile a lunga durata pensato per prevenire l’infezione negli adulti sieronegativi, ma ad alto rischio. Il farmaco si chiama cabotegravir e ha dimostrato un’efficacia superiore a quella dei medicinali già disponibili (che resta comunque estremamente elevata), a fronte di un regime terapeutico molto meno impegnativo: un’iniezione ogni due mesi, contro una pillola al giorno

Secondo esperti e attivisti, il farmaco potrebbe avere un impatto cruciale in molte aree a basso reddito, dove la maggiore semplicità di utilizzo può fare la differenza. Ma a meno di tre mesi dall’approvazione americana, è già pronta la prima doccia fredda: l’azienda produttrice, la Viiv Healthcare (sussidiaria di Gsk dedicata allo sviluppo di farmaci per l’Hiv) ha annunciato che non concederà, almeno per il momento, licenze volontarie per la produzione di versioni generiche del nuovo farmaco. Una decisione che secondo molte associazioni determinerà un prezzo di mercato troppo elevato, che ne impedirà la diffusione proprio nei paesi in via di sviluppo, dove la prevenzione dell’Hiv può avere un impatto sanitario cruciale.

Prevenire è meglio che curare

L’utilizzo di antivirali a scopo preventivo è una strategia conosciuta come Prep, o profilassi pre esposizione. Consiste sostanzialmente nell’introdurre un farmaco capace di contrastare la replicazione virale nell’organismo di persone sane, così che sia già presente in caso di un contatto con un patogeno, e possa impedire da subito l’infezione iniziale. È utilizzata principalmente nell’Hiv, come strategia per salvaguardare i gruppi di persone ad alto rischio che non possono fare affidamento unicamente sull’utilizzo di preservativi: persone gay o transessuali e più in generale uomini che fanno sesso con uomini, donne e uomini cisgender in relazioni con una persona sieropositiva, comunità che abitano in paesi in via di sviluppo dove il virus è particolarmente presente.

Fino allo scorso anno, le opzioni erano limitate a un paio di combinazioni di antiretrovirali. Economiche, ma piuttosto impegnative per chi deve assumerle: una pillola al giorno per tutto il periodo in cui si vuole essere protetti (potenzialmente per anni quindi) può creare problemi a chiunque, e ancor di più per chi vive in contesti sociali complessi e vulnerabili, aree remote, territori in guerra. In questo senso, l’arrivo del cabotegravir sul mercato della prep è rivoluzionario. Non solo espande le opzioni disponibili, ma fornisce un modello terapeutico radicalmente diverso, destinato evidentemente a migliorare notevolmente l’aderenza terapeutica, e quindi il numero di nuove infezioni che si possono prevenire ogni anno.

Negli studi effettuati, l’iniezione bimestrale ha mostrato un’efficacia superiore del 69% rispetto a quella delle pillole nel prevenire l’infezione in uomini che fanno sesso con uomini e donne transgender. Altissima, quindi, visto che si parte da un 99% di efficacia con i trattamenti farmacologici quotidiani. Un punto cruciale, inoltre, è che cabotegravir sembra funzionare molto bene anche per le donne che fanno sesso vaginale con uomini, una categoria in cui in precedenza l’utilizzo della prep non aveva mai dato i risultati sperati. In uno studio che ha arruolato 3mila donne dell’Africa subsahariana cabotegravir ha diminuito infatti del 92% il rischio di contrarre l’Hiv, ben più di quanto riescono a fare i trattamenti di prep orale in questa categoria di persone.


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Alte aspettative

Visti i numeri con cui si presenta il nuovo farmaco, le aspettative all’indomani dell’approvazione dell’Fda erano elevatissime. Anche se al momento è in commercio solamente negli Stati Uniti, si prevede che verrà autorizzato velocemente anche in molti paesi africani, con l’idea di iniziare i primi programmi di prevenzione su base nazionale nell’area entro il prossimo anno. Questo, almeno, prima dell’annuncio arrivato negli scorsi giorni dalla Viiv Healthcare. Al momento le condizioni non permetterebbero infatti all’azienda di concedere una licenza volontaria per permettere la produzione del farmaco in forma generica. L’unico produttore, almeno nei prossimi anni, rimarrà quindi l’azienda stessa. E nonostante le rassicurazioni fornite dalla Viiv, la decisione avrà necessariamente ripercussioni sul prezzo del farmaco.

In America, una fiala di cabotegravir viene venduta a circa 3.700 dollari e un anno di trattamento costa più o meno 22mila dollari l’anno per paziente. Nei paesi a basso e medio reddito chiaramente non sarà questo il prezzo neanche per la versione branded del farmaco (si parla di meno di 100 dollari per dose al momento). Ma anche così, è difficile immaginare che il prezzo riesca a scendere sotto i 40 dollari con cui si può comprare un anno di trattamento con una delle combinazioni di farmaci orali per la prep già disponibili. Rendendo minime le chance di veder attivare programmi di prevenzione su larga scala con il cabotegravir nei paesi dell’Africa subsahariana e in altre aree povere del pianeta, dove si concentrato la maggior parte dei nuovi contagi e dei decessi causati dall’Hiv.

Commentando la notizia, l’organizzazione non governativa Medici senza frontiere (Msf) ha ricordato che i prezzi dei farmaci generici sono solitamente drasticamente più bassi di quelli branded, anche quando le aziende fanno del loro meglio per contenere i prezzi. Il comunicato cita l’esempio del dolutegravir, un altro antivirale prodotto dalla Viiv Healthcare per il quale l’azienda ha però ha permesso la produzione di farmaci generici cedendo una licenza volontaria al programma Medicines Patent Pool delle Nazioni Unite, che si occupa di fare da ponte tra detentori dei brevetti e aziende che producono generici, per incentivare la produzione di farmaci essenziali a prezzi accessibili per i paesi più poveri. La versione pediatrica del dolutegravir – ricorda Msf – viene venduta dalla Viiv a prezzo di costo, eppure è comunque 22 volte più costosa delle formulazioni generiche. E in questo campo, anche una piccola differenza nel costo dei farmaci si traduce direttamente in più in vite umane salvate.

Quante vite salvano i generici?

Uno studio appena uscito sul Lancet aiuta a farsi un’idea dell’impatto che hanno i farmaci generici nella lotta all’Hiv. La ricerca ha valutato l’effetto delle licenze volontarie gestite dal Medicine Patent Poll dell’Onu, utilizzando due scenari: quello reale, in cui il dolutegravir della Viiv è stato dato in licenza volontaria nel 2014, e quello immaginario in cui non è mai stato mai concesso in licenza per produrre generici. Raccogliendo i dati sui costi del farmaco e dei suoi generici, e sui volumi di vendite nei paesi coperti dalle licenze volontarie, gli autori dello studio hanno calcolato l’impatto che avranno le licenze volontarie fino a cinque anni dopo la scadenza dei brevetti. 

Hanno quindi paragonato i risultati con lo scenario in cui il farmaco non è mai stato concesso in licenza (partendo da una serie di ipotesi sull’effetto che avrebbe un prezzo aumentato sulla sua diffusione), e calcolato quindi quante vite hanno salvato le licenze volontarie: parliamo di quasi 152mila decessi in meno causati dall’Hiv tra il 2017 e il 2032, e oltre 4.500 casi di infezione perinatale (bambini che nascono sieropositivi) in meno.

È per questo che associazioni e stakeholder attivi nella lotta all’Hiv nei paesi in via di sviluppo chiedono alla Viiv di fornire al più presto la licenza volontaria per il cabotegravir al Medicine Patent Poll, per ottenere in tempi rapidi versioni generiche del farmaco da utilizzare nelle aree più povere del pianeta. “La prep è la forma di prevenzione più efficace dell’Hiv per le comunità vulnerabili e marginalizzate – ricorda Msf – ma a cosa serve la prevenzione dell’Hiv se chi ne ha bisogno non può permettersela?”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Mika Baumeister on Unsplash