I bambini? Ragionano come gli scienziati

Realizzano analisi statistiche, fanno esperimenti, osservano e ascoltano i loro coetanei. Proprio come dei miniscienziati. Secondo uno studio pubblicato su Science, infatti, anche in età prescolare i bambini pensano e imparano dal mondo che li circonda seguendo la stessa logica usata dai ricercatori. È la conclusione cui è giunta Alison Gopnik, psicologa della University of California di Berkeley, che ha preso in considerazione la letteratura accumulatasi negli anni riguardo lo sviluppo del pensiero nei bambini.

Fino a qualche decina di anni fa, spiega la scienziata, l’idea che un bimbo di 2 anni potesse pensare come uno scienziato poteva sembrare quantomeno assurda. Lo stesso psicologo Jean Piaget definiva il pensiero dei bimbi in età prescolare come illogico e irrazionale. Eppure gli studi successivi hanno mostrato che anche i più piccoli sono capaci di rappresentare il mondo che li circonda, elaborare teorie intuitive, fare previsioni e deduzioni che li portano a una forma di apprendimento simile a quanto si verifica appunto nella mente degli scienziati.

Secondo quanto scrive Gopnik, le logiche di pensiero dei bambini potrebbero essere descritte come dei modelli probabilistici. In pratica il mondo fisico viene prima elaborato visivamente, attraverso la generazione di mappe, strutture ad albero o altri grafici (equivalenti a delle ipotesi riguardo la vera struttura del mondo reale). Queste rappresentazioni vengono quindi utilizzate per estrapolare nuove previsioni sull’ambiente che circonda i bambini. Per esempio una mappa potrebbe essere usata per trovare un nuovo percorso per raggiungere un luogo, o una struttura grammaticale ad albero usata per dedurre se una frase può o meno essere accettabile in un dato contesto. O ancora un grafico causa-effetto usato per capire se un evento ne determinerà altri a cascata. Ragionamenti quindi che seguono la logica dell’osservazione, dell’ipotesi e della verifica sperimentale. Inoltre il modello può funzionare anche in direzione opposta: ovvero dedurre la struttura a partire dall’evidenza.

Ma non solo. I bambini sono capaci di rimettere mano ai loro disegni sulla base dell’esperienza, come gli scienziati riformulano le loro teorie partendo dalle evidenze sperimentali. E ancora, i bimbi sarebbero capaci di ragionare (implicitamente) secondo le logiche della statistica. Sono sensibili agli eventi più probabili già a otto mesi, come dimostrato in test visivi, dove la permanenza più a lungo dello sguardo su un oggetto veniva interpretata come evento inatteso, e quindi improbabile per analogia. Per esempio, un bimbo si sofferma più a lungo a osservare palline rosse estratte da un box pieno di bianche di quanto faccia quando le palline estratte hanno lo stesso colore di quelle più abbondanti nella scatola. E questo perché, spiegano gli scienziati, capisce cosa o meno attendersi statisticamente.

Esperimenti analoghi su bambini di 2, 3 e 4 anni hanno anche mostrato come l’evidenza statistica sia alla base di un ragionamento causa-effetto. Per esempio, se si mostra loro più volte una scatola che comincia a suonare quando vi si poggiano sopra alcuni oggetti ma non altri, i piccoli saranno in grado di accendere o spegnere il suono modificando la disposizione degli oggetti.

Come sottolinea Gopnik tutto questo dimostra come lo sviluppo dei bambini in età prescolare non sia solo socio-emotivo, ma caratterizzato anche da un profondo lavoro cognitivo, vista la loro capacità di testare ipotesi ed elaborare deduzioni causali. Un dato che andrebbe considerato soprattutto alla luce delle recenti tendenze a trasformare le attività prescolari in vere e proprie scuole, più accademiche. Non tenendo invece abbastanza in conto di quelle che già sono le capacità intellettuali dei più piccoli.

Via: Wired.it

Credits immagine: woodleywonderworks/Flickr

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