I misteri dell’intelligenza

Rober ClarkeSupercervelli. Dai super dotati ai geniBollati Boringhieri, 2002pp. 206, euro 19,50Cosa fa sì che alcuni individui siano dotati di facoltà mentali così straordinariamente diverse da quelle degli altri? Perché alcuni suonano il piano come dei virtuosi a tre anni, mentre alla maggior parte degli altri può non bastare una vita di studio? O sanno moltiplicare mentalmente in pochi secondi numeri di sei cifre, quando molti di noi faticano a fare operazioni più semplici senza l’ausilio almeno di un pezzo di carta? E cos’è in realtà l’intelligenza, se alcuni di questi individui fenomenali si rivelano ordinari se non mediocri in altri campi, o del tutto sprovvisti di capacità sociali? Queste domande sono al centro del nuovo libro del giornalista e divulgatore scientifico Robert Clarke.Che si tratti di domande affascinanti, e per lo più ancora senza risposta, è fuori discussione. Ma nell’era della genomica, sono diventate anche domande particolarmente insidiose: la tentazione di aggirare i misteri dell’intelligenza con spiegazioni riduzionistiche si fa sempre più forte. Clarke ha il merito di evitare queste trappole: chiarisce in apertura del libro che non si occuperà del ‘gene dell’intelligenza’, anzi che non ha alcun senso cercarlo. E anche se tratta ampiamente temi come dimensioni del cervello e quantità di connessioni neuronali, o racconta con dovizia di particolari gli studi eseguiti sul cervello di Einstein, non pretende di trovare in quelle “due manciate di tessuto grigiorosa, con la consistenza del porridge” (come il neurologo Steven Rose ha definito il cervello) l’unica spiegazione di quella che chiamiamo intelligenza. A Clarke, in realtà, non interessa dare troppe risposte: certo, passa in rassegna le diverse spiegazioni suggerite da studiosi di diverse discipline (fisiologiche, psicologiche, psicanalitiche e sociologiche) per spiegare le differenze tra le capacità mentali degli individui: ma di fatto non propende né per le spiegazioni innatistiche né per quelle che privilegiano il ruolo dell’ambiente, si limita a presentare con completezza le diverse posizioni e a mostrare come di certezze davvero non ne esistano. All’autore interessa soprattutto raccontare storie di persone: le storie dei bambini prodigio, dei campioni del calcolo mnemonico, degli idiots savants, persone autistiche o semi incapaci in quasi tutte le facoltà ma dotate di una abilità straordinaria, nel calcolo o nella musica per esempio. O quelle dei grandi artisti e dei grandi geni della scienza, capaci di creare qualcosa che i loro contemporanei non riuscivano nemmeno a concepire: Mozart, Newton, Picasso, Darwin e Einstein sono i cinque nomi che Clarke elegge a rappresentanti della genialità umana, dedicando a ognuno di essi un intero capitolo. Due artisti e tre scienziati, tutti uomini che hanno sfidato ogni convenzione e si sono avventurati in territori nuovi. Se i capitoli sul compositore austriaco, sul padre della teoria della gravitazione universale e sul pittore spagnolo sono eccellenti, è più debole quello su Darwin, forse poco adatto a finire in questa galleria di personaggi: meno eccentrico, meno strabiliante per capacità di ragionamento, il padre della teoria evoluzionista appare più come un coraggioso difensore delle proprie idee e un serissimo e metodico studioso che non come un genio. Quanto al capitolo su Einstein, pur ottimo, è difficile trovarvi qualcosa che non si sia già letto o sentito: il fisico tedesco è, nell’immaginario collettivo, il genio per antonomasia, e su di lui quasi tutti gli aneddoti sono ormai logori. In ogni caso, che si tratti di nomi celebri come questi o di bambini prodigio noti solo alla letteratura scientifica, Clarke sa raccontarne la vicenda in modo brillante; soprattutto, sa accostarsi con rispetto a quelle che, con rare eccezioni, sono storie di sofferenza, di diversità, di difficoltà di comunicazione con i propri simili, perché anche il più stimato dei geni è qualcuno che osserviamo con deferenza, ma da cui ci sentiamo divisi da una differenza incolmabile.

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