Idrossiclorochina contro Covid-19, la bocciatura di Lancet non convince gli scienziati: dubbi sui dati

indrossiclorochina
(Foto: Hal Gatewood on Unsplash)

Dubbi sulla validità dello studio pubblicato su Lancet che ha convinto l’Oms a sospendere i trial con l’idrossiclorochina nei malati Covid-19. I dati non convincono, scrivono alcuni scienziati in una lettera al direttore della prestigiosa rivista medica. Ecco come stanno le cose

L’idrossiclorochina, il farmaco usato per trattare le malattie autoimmuni e testato contro il nuovo coronavirus, continua a far parlare di sé. E al centro del dibattito ci sono i suoi potenziali effetti: sempre più studi, infatti, hanno evidenziato come il farmaco antimalarico clorochina e il suo analogo idrossiclorochina non offrano alcun beneficio per i pazienti Covid-19, ma anzi possono aumentare la mortalità. Tanto che di recente l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha deciso di interrompere momentaneamente i trattamenti con l’idrossiclorochina contro il coronavirus nello studio Solidatiry, dopo aver visionato un ampio studio pubblicato sul Lancet, nel quale gli autori hanno dimostrato come il farmaco fosse associato a un più elevato tasso di mortalità dovuto a gravi complicanze cardiache nei pazienti Covid-19 a cui era stato somministrato.

Nei giorni scorsi, sulla stessa scia dell’Oms, anche l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha preso la decisione di sospendere l’autorizzazione all’utilizzo off-label dell’idrossiclorochina e della clorochina per il trattamento della Covid-19 al di fuori degli studi clinici. In un nota di approfondimento, l’Aifa ha così elencato tutti i dati che hanno portato alla sua decisione. “L’idrossiclorochina, pur in assenza di indicazione terapeutica specifica per il Covid-19, è stata resa disponibile a carico del Ssn tenendo conto di evidenze scientifiche preliminari su pazienti Covid e a fronte di un profilo di tossicità che appariva consolidato sulla base degli usi clinici autorizzati per il trattamento cronico delle malattie reumatiche”. La posizione dell’Aifa, prosegue l’agenzia, è stata pertanto quella di prevederne l’utilizzo nel contesto di una accurata valutazione del rapporto rischio/beneficio nei singoli casi.

“Al momento attuale, tuttavia, nuove evidenze cliniche relative all’utilizzo di idrossiclorochina nei soggetti con infezione da Sars-Cov-2 (seppur derivanti da studi osservazionali o da trial clinici di qualità metodologica non elevata) indicano un aumento di rischio per reazioni avverse a fronte di benefici scarsi o assenti”, si legge nella nota dell’Aifa. Per questa ragione, in attesa di acquisire prove più solide dagli studi clinici in corso in Italia e in altri paesi, “l’Aifa sospende l’autorizzazione all’utilizzo di idrossiclorochina per il trattamento dell’infezione da Sars-Cov-2, al di fuori degli studi clinici, sia in ambito ospedaliero che in ambito domiciliare. Si ribadisce altresì che l’Agenzia non ha mai autorizzato l’utilizzo di idrossiclorochina a scopo preventivo”. (Ricordiamo l’uso profilattico a cui ha fatto ricorso Trump).

Tuttavia, come racconta il Guardian, alcuni scienziati hanno di recente messo in discussione i risultati dello studio pubblicato sul Lancet, lo stesso che ha portato l’Oms alla sospensione temporanea dell’uso dell’idrossiclorochina. Infatti, gli oltre 180 ricercatori, tra cui clinici, statistici e accademici, che hanno scritto una lettera al direttore della rivista, hanno espresso i loro dubbi in merito alle conclusioni a cui è giunto lo studio, evidenziandone, in 10 punti, le criticità. Per esempio, scrivono i ricercatori, i dati provenienti dall’Australia non sono compatibili con i rapporti del governo. Surgisphere, la società di raccolta dati, ha dichiarato che si è trattato di un errore di classificazione di un ospedale dell’Asia. “Ciò indica la necessità di un ulteriore controllo degli errori in tutto il database”, si legge nella lettera. Inoltre, secondo un altro punto, le dosi medie giornaliere di idrossiclorochina somministrata sono di 100 mg superiori a quelle raccomandate dalla Fda, ma precisano dubbiosi i ricercatori, il 66% dei dati provengono da ospedali nordamericani. “Nell’interesse della trasparenza”, concludono gli scienziati, “chiediamo a The Lancet di rendere disponibili le valutazioni peer review che hanno portato all’accettazione di questo manoscritto per la pubblicazione”.

Come riporta Science, Lancet ha oggi riconosciuto i problemi segnalati e ha pubblicato una Expression of Concern affermando che sono state sollevate importanti questioni scientifiche sui dati dello studio e che è in corso un controllo indipendente sulla provenienza e la validità dei dati da parte degli autori non affiliati con Surgisphere, con risultati attesi a breve. “Si è fatto troppo chiasso su quei composti”, spiega in un post di Facebook Enrico Bucci, biologo alla Temple University di Filadelfia, tra i firmatari della lettera al Lancet. “Questo chiasso non deve risalire fino a riviste prestigiose come Lancet, che devono mantenere alta la guardia e non permettere la risalita di cattiva scienza fin sulle loro pagine. Anche su Covid, nonostante l’emergenza, devono usare standard alti di integrità”.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: Hal Gatewood on Unsplash

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