Il medico dimezzato

Annunciate per l’11 giugno scorso, strombazzate dai politici come il verbo che avrebbe risolto i punti più discussi della legge 40, le linee guida del Ministero della Salute sulla procreazione medicalmente assistita sono state finalmente approvate lo scorso 16 luglio e attendono ora di essere pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Un risultato che ha deluso molti e che è stato raggiunto al prezzo delle dimissioni dal Consiglio superiore di sanità di Franco Cuccurullo, presidente della seconda sezione, e di Piergiorgio Crosignani, ordinario di ginecologia a Milano, entrambi in polemica con il metodo seguito dalla commissione. Che non avrebbe acquisito i contributi dei membri medico-scientifici, proponendo un’interpretazione restrittiva della legge. Come? Per esempio ammettendo solo la diagnosi osservazionale dell’embrione, che permette di analizzare la reattività delle cellule alla divisione e non di indagare i difetti genetici o cromosomici che portano allo sviluppo di malattie. Un metodo “impreciso e aspecifico”, ha commentato Roberto Palermo, ginecologo ed embriologo clinico, autore di numerose pubblicazioni e particolarmente attento allo studio del consenso informato nel rapporto medico – coppia infertile. A lui abbiamo chiesto di spiegarci quali saranno gli effetti di questo documento.Dottor Palermo, è soddisfatto delle linee guida approvate dal Consiglio Superiore di Sanità?“Sinceramente no. Riducono drasticamente l’autonomia decisionale del medico, non migliorano la qualità della pratica e non incentivano in alcun modo la formazione dell’operatore né una corretta informazione al paziente”.Cosa intende esattamente?“Il consenso informato è alterato nel suo valore più alto: il medico non può fare molto per rendere più consapevole la coppia, ma solo essere ipocrita. Svolge gli accertamenti formali, grazie ai quali si mette al riparo da conseguenze legali, ma non è messo nelle condizioni di poter fornire al paziente una informazione medico-scientifica completa”. Si riferisce al divieto di fare la diagnosi genetica sugli embrioni di coppie a rischio?“Certamente, questo è il caso più eclatante. Le linee guida permettono solo l’analisi osservazionale sulla morfologia delle cellule embrionali, che non ha nulla a che fare con lo stato di salute dell’embrione di cui parla la legge. Infatti, il concetto di salute è molto più ampio ed è relativo allo stato psico-fisico di un individuo nato, lo dice l’Organizzazione mondiale della sanità. La terminologia è scorretta all’origine”.Perché tanta reticenza?“Abbassare il livello di informazione serve a evitare qualsiasi rifiuto della coppia e a salvare il cardine morale della potenzialità di vita delle cellule embrionali. Però questo non significa tutelare la qualità di vita del nascituro, né la possibilità concreta che quell’embrione si evolva fino a nascere”.Ma cosa si può sapere con l’analisi morfologica?“La diagnosi osservazionale ha una bassa capacità di informazione: è imprecisa e aspecifica. Traducendo, possiamo solo capire se quell’embrione di quattro o otto cellule è adeguato a svilupparsi. Se è frammentato ha meno probabilità di impiantarsi. Tuttavia, non si può escludere a priori l’impianto. Un altro fattore visibile è la eventuale presenza di blastomeri con più nuclei, che segnala una difficoltà nello sviluppo ma non una malattia specifica, che solo la diagnosi genetica può invece rivelare”.Se non si può sapere altro di un embrione, l’occhio del biologo sarà più attento nella selezione degli ovociti?“Il biologo può cominciare a ‘selezionare’ l’ovocita con l’osservazione: è una cosa utile, ma resta una valutazione di selezione parziale. E questo non vuol dire incrementare lo standard qualitativo del laboratorio, che è cosa ben più complessa. Chi lavorava bene prima sarà di certo penalizzato dalle restrizioni, chi lavorava male di certo non migliorerà grazie alle nuove norme”.Nessuna possibilità di diagnosi genetica né per le coppie infertili né per quelle fertili portatrici di un rischio genetico. Che ne pensa?“La diagnosi genetica di pre-impianto in tutto il mondo è studiata con attenzione e serietà. L’Italia ora la vieta, consentendo solo la villocentesi e l’amniocentesi in corso di gravidanza, quando l’unica alternativa per la donna è l’aborto. La cosa si commenta da sé”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here