Il principe dei chimici italiani

In Italia ormai non se lo ricorda più nessuno; eppure, in Francia nella seconda metà dell’Ottocento lo avevano denominato «le prince des Chimistes Italiens», il principe dei chimici italiani; il suo nome era Faustino Malaguti, anzi, più precisamente, Faustino Giovita Marziano Malaguti, studioso che operò e fu più conosciuto Oltralpe che in Italia. In Francia, infatti, ebbe rapporti di collaborazione scientifica con i maggiori studiosi del paese; avviò ed approfondì ricerche nella chimica, pubblicando su questo tema ben 66 opere fondamentali, che affrontarono, tra l’altro,i temi della decomposizione della luce, alla creazione dei colori e dell’applicazione della chimica nell’agricoltura, materia nella quale fu antesignano.

Faustino Giovita Marziano Malaguti nacque il 15 febbraio 1802 a Pragatto di Crespellano, nel Bolognese, dal farmacista Giuseppe Valerio ed Anna Medici, terzo di nove fratelli. A seguito di un episodio di violenza compiuta da briganti sconfinati dal Regno di Napoli, il farmacista si trasferì con la famiglia a Bologna, proseguendo nella sua professione. Nel capoluogo emiliano, Faustino Malaguti studiò prima presso i padri Barnabiti; quindi, si iscrisse all’Università, dove si dedicò allo studio della Farmacologia, conseguendo all’età di soli 16 anni il diploma per il libero esercizio della professione, ciò che gli diede titolo per coadiuvare il padre nella farmacia. Nel frattempo venne assunto quale assistente farmacista della Clinica medica diretta da Giacomo Tommasini, uno dei primi ad occuparsi della diffusione del vaccino per combattere il vaiolo. Successivamente, il governo pontificio nominò FaustinoMalaguti delegato di Sanità alla dogana per la visita e l’ispezione dei medicamenti e delle droghe.

Intanto, si andavano diffondendo ed affermando la Carboneria e le dottrine mazziniane e Faustino Malaguti non rimase insensibile a quegli ideali. E infatti nella notte fra il 4 e 5 febbraio 1831, fu tra i protagonisti dell’insurrezione di Bologna, con la quale il Prolegato pontificio venne costretto a deporre i suoi poteri, sostituito da un Governo provvisorio nel quale Faustino Malaguti assunse l’incarico di segretario del ministro della polizia. L’intervento delle truppe austriache soffocò la rivolta, che pure si era estesa su gran parte del Regno Pontificio; ed il 26 marzo 1831, ad Ancona venne sottoscritta la resa dei rivoltosi. FaustinoMalaguti, per sfuggire alla cattura, si imbarcò con altri rivoluzionari su un brigantino il cui capitano tradì e consegnò agli austriaci i fuggitivi. Il Malaguti venne, dunque, tenuto prigioniero per alcuni mesi a Venezia e poi deportato a Marsiglia. Malaguti riuscì a fuggire dal carcere e a raggiungere Parigi, dove trovò lavoro presso il laboratorio di Joseph Louis Gay-Lussac. In quello stesso periodo, si iscrisse alla Scuola Politecnica dell’Università della Sorbona, conseguendovi, nel 1839, la laurea in scienze.

Nel frattempo, nel 1834 il Governo pontificio aveva iscritto Malaguti nell’«Elenco dei ribelli ai quali non si premette di tornare negli Stati Pontifici»; cosa che non turbò più di tanto il destinatario del provvedimento, il quale, preso della passione per l’attività scientifica, iniziò a svolgere nel laboratorio di Gay-Lussac ricerche nel campo della chimica; e furono studi e ricerche tanto attenti da meritarsi la stima e la considerazione di Alexandre Brongniart e di insigni chimici e fisici, fra i quali Louis Jacques Thénard, Dumas e Jean-Baptiste Biot. Quest’ultimo lo chiamò a coadiuvarlo nelle sue ricerche sulla decomposizione della luce. Contemporaneamente, Malaguti venne nominato chimico al laboratorio annesso alla Manifattura delle Porcellane di Sévres, dove riuscì a realizzare la sintesi diretta del colore «Pinkcolour », a creare un nuovo colore viola denominato «lacca universale» e a portare la «Manifatture delle Porcellane» a un elevatissimo grado di qualità.

Faustino Malaguti fu anche tra i primi ad applicare la chimica nell’agricoltura. In questo campo, i suoi studi furono tali che a Rennes viene aperta una nuova cattedra universitaria di «Chimica Agraria», che gli venne affidata, con grande soddisfazione degli studenti che dimostrarono di apprezzare le sue «Lezioni di Chimica» ed il suo «Corso di lezioni di chimica agraria». apprezzamento non inferiore gli pervenne dagli altri cattedratici, che gli affidarono l’incarico di Rettore di quell’Università per diversi anni. L’attività didattica e quella di ricercatore meritarono Al Malaguti i più alti riconoscimenti francesi; venne chiamato, infatti, a far parte delle principali Società scientifiche e corrispondente di varie Accademie delle Scienze dell’epoca. Il 14 ottobre 1873 venne nominato Commendatore della Legione d’Onore. Ma neppure l’Italia gli fu avara di riconoscimenti; nel 1866, Vittorio Emanuele II gli conferì il titolo di Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro ed il Governo italiano gli chiese più volte di rientrare in Italia, per assumervi una cattedra di chimica in una Università del Regno; Malaguti, ormai radicato nella Rennes, che considerava la sua seconda patria, declinò sempre l’invito, anche perché, afflitto da vizio cardiaco, mostrava insofferenza per novità che gli mutassero troppo le abitudini.

Si spense il 26 aprile 1878, nella Rennes, nella quale aveva trascorso la parte maggiore e più felice della sua vita. Prima di morire, espresse il desiderio di non essere pubblicamente ricordato: «amabat nesciri», come scrissero i suoi biografi. Bologna lo ha però ricordato con un busto nel Panteon della Certosa, opera dello scultore Salvino Salvini; e Pragatto ha apposto una targa opera dello scultore Tullo Golfarelli nella casa in cui Malaguti è nato. Insieme ad alcune strade intitolate al suo nome nelle località del bolognese, è tutto quello che resta per ricordare quello che per gli studiosi francesi era «le prince des Chimistes Italiens».

Questo articolo è stato pubblicato sul numero Sapere di Febbraio 2012 con il titolo “Il principe dei chimici italiani”. Ecco come abbonarsi alla rivista.

Waldimaro Fiorentino è giornalista.

1 commento

  1. A riprova di quale sia il livello di cultura dei riformisti (da Gelmini in poi) della Scuola Italiana, confermo che la disciplina Chimica Agraria è stata smembrata negli Istituti Tecnici Agrari.
    Prof.ssa Sabrina Cusano docente A012

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