Insieme si studia meglio

Il successo dell’educazione scolastica non dipende dalla composizione etnica delle classi. Esistono infatti azioni educative che, attraverso il coinvolgimento delle famiglie nell’ambiente scolastico, possono trasformare le difficoltà della diversità  in vantaggi per tutti gli studenti. È quanto dimostrano i risultati ottenuti da un gruppo di ricerca spagnolo all’interno del progetto Includ-ed della Commissione Europea, presentati ieri dall’Università di Barcellona in occasione della conferenza “Social Inclusion in Europe: an Educational Challenge”, tenutasi nella stessa città catalana.

I ricercatori hanno identificato e applicano da diversi anni quattro “azioni educative”- gruppi interattivi, gruppi di lettura di classici per tutti gli alunni e per le mamme dei piccoli immigrati, lezioni di lingua per le mamme e per i papà – che sono state applicate con successo in una trentina di scuole in Catalogna, sia primarie sia secondarie, e in un centinaio in tutta la Spagna. Una di queste è la scuola elementare Mare de Déu de Monserrat, A Terrassa, nei dintorni di Barcellona. Qui ci sono 220 alunni di cui l’80 per cento figli di genitori immigrati, soprattutto dal vicino Marocco, e 19 maestri. Grazie all’impegno di tutta la comunità – insegnanti, genitori, studenti e volontari – sono state avviate tutte e quattro le azioni identificate dai ricercatori.

I gruppi interattivi sono lezioni che si tengono una volta a settimana per quattro materie: catalano, castigliano, inglese e matematica. Durante queste lezioni gli alunni sono divisi in piccoli gruppi, ognuno coordinato da un adulto che può essere un insegnante, un genitore o un volontario. L’adulto mette a disposizione le proprie competenze, per esempio aiuta i bambini immigrati traducendo i compiti nella loro lingua madre. I gruppi non sono divisi per livello: gli alunni più bravi aiutano chi ha più difficoltà. Dopo 15-20 minuti i bambini cambiano gruppo e passano a un’altra attività. in questo modo in un’ora gli alunni svolgono quattro compiti diversi, allenando quattro competenze diverse.

Anche l’educazione familiare può contribuire al successo scolastico degli alunni. Questo principio ha ispirato i ricercatori a formare un gruppo di lettura per le mamme immigrate, che permettesse loro di migliorare lo spagnolo. Anche per gli alunni maestri e volontari hanno dato vita a un gruppo di lettura collettiva. Il libro scelto è l’odissea: proprio come le mamme, leggono e discutono del libro e, prendendo spunto dagli argomenti, parlano per esempio degli dei e delle loro diverse religioni. Oltre a perfezionare il vocabolario e la comprensione dei testi di mamme e alunni, questa azione educativa migliora notevolmente i rapporti sociali delle madri e soprattutto quelli tra genitori e figli: in famiglia si parla dei libri, si legge, si studia e insieme. Le mamme riescono a inserirsi meglio nel tessuto sociale circostante e i bambini migliorano i risultati scolastici. Basta pensare che nel 2001 solo il 17 per cento degli alunni presentava le competenze minime necessarie per la comprensione di un testo. Nel 2007 dopo un anno di gruppo di lettura per i bambini la percentuale è passata all’85 per cento.

Un’ultima iniziativa realizzata dalla scuola sono lezioni di catalano dirette alle madri immigrate, spesso analfabetizzate o che comunque non parlano la lingua della regione in cui si trovano a vivere. Le lezioni si tengono in orario scolastico e chi ha bambini non in età scolare li può portare in aula, in questo modo le madri non hanno bisogno di una baby-sitter. Convinti dai risultati ottenuti, anche i padri hanno chiesto lezioni di catalano e di informatica e i corsi dovrebbero cominciare presto.

“La forza di queste azioni educative è che sono esportabili ed efficaci in ogni scuola a prescindere dal ciclo scolastico o dalla composizione etnica delle classi”, ci spiega Ramon Flecha coordinatore del gruppo di ricerca spagnolo e docente presso l’Università di Barcellona. All’interno del progetto europeo Includ-ed lavorano anche ricercatori di altre nazioni come Malta, la Finlandia e la Lettonia che propongono le stesse azioni e altre simili che prevedono il coinvolgimento familiare nelle classi e nella vita scolastica.

Al progetto Includ-ed lavora anche l’Università di Firenze, che per ora si è occupata e si occupa di tre sotto-progetti: il primo, realizzato nel 2006, ha riguardato un’indagine sullo stato dell’arte delle buone pratiche di integrazione tra popolazione immigrata e popolazione locale in Italia e in Europa; il secondo, nel 2009, ha valutato l’impatto dell’educazione nella vita sociale degli immigrati (accesso alla salute, inserimento abitativo e così via); infine è partita da poco una mappatura delle associazioni che in Italia si occupa di immigrati e di inserimento sociale.

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