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Iraq, rivivono le paludi

L’acqua torna a scorrere nelle paludi della Mesopotamia. Senza attendere gli interventi esteri le popolazioni locali stanno smantellando le opere realizzate per prosciugare il territorio. Gli impianti di aspirazione costruiti durante il regime di Saddam Hussein sono stati bloccati e molte falle aperte in dighe e canali. Per la gente che ancora vive nella zona il ripristino delle aree fluviali e acquitrinose è indispensabile per riprendere le attività tradizionali (pesca, agricoltura e allevamento). Ma i consulenti delle organizzazioni irachene e internazionali impegnate nel recupero del delicato ecosistema mettono in guardia dai rischi di interventi non pianificati. La vegetazione è rinata con sorprendente rapidità solo in alcune delle aree nuovamente inondate. Dove manca un adeguato deflusso delle acque la salinità aumenta e molti vegetali, come la canna palustre, non riescono più a crescere. Se poi i suoli allagati contengono pesticidi o metalli pesanti l’acqua può trasportare le sostanze chimiche e avvelenare esseri umani e animali. Esperti e popolazione locale devono quindi collaborare per gestire correttamente il recupero delle paludi. A marzo i fiumi saranno nuovamente in piena e se saggiamente amministrata l’acqua permetterà di ripulire i terreni contaminati e allagare nuovi territori. Ma in ogni caso sarà difficile recuperare più del 15-20 per cento della cospicua estensione iniziale. (g.p.)

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