Jolly Rubino, cresce la minaccia

Peggiora la situazione della Jolly Rubino, il cargo italiano incagliatosi l’11 settembre scorso a 20 metri dalla coste del Sud Africa. La falla nello scafo si è infatti allargata impedendo alle squadre di soccorso di portare a largo la nave. Diminuiscono così le possibilità di far disperdere lontano dalla costa il carburante che fuoriesce dal cargo e di limitare il disastro ambientale. La Jolly Rubino, infatti, si è incagliata nei pressi del St. Lucia Wetland Park, una riserva di uccelli e piante rare protetta dall’Unesco. “Le possibilità di trainare la nave sono svanite”, ha affermato Nicholas Sloane della compagnia Smit Salvagè a cui sono state affidate le operazioni di recupero. Si tenta ora di trasferire dalle cisterne nella stiva le tonnellate di carburante che restano. Secondo la compagnia armatrice Ignazio Messina & C. di Genova, proprietaria della nave, il carico a bordo era costituito oltre che dai carburanti indispensabili alla navigazione, da 1700 tonnellate di acciaio in rotoli, alcuni veicoli, e circa 400 contenitori di merce varia tra cui prodotti chimici “secondo le autorizzazioni in base alla normativa internazionale vigente”. Legambiente e Wwf hanno chiesto al governo italiano di nominare una commissione d’inchiesta per verificare il rispetto delle normative nazionali e internazionali sul trasporto di sostanze pericolose e gli aspetti legati all’impatto ambientale. I timori non sono infondati: altre navi della stessa compagnia, e la Jolly Rubino in particolare, erano già state coinvolte in inchieste sul traffico illecito di rifiuti tossici. (d.d.v.)

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